Bere o non bere, questo il dilemma!

Nel mondo dei cavalli capita a volte che un animale, benché disidratato, si rifiuti di bere. Potete condurlo a un ruscello, potete mettergli davanti tutta l’acqua che volete ma lui non beve. Che non sia un caso così infrequente lo dimostrano i siti dedicati al problema.
Fra i suggerimenti più frequenti c’è quello di proporre al cavallo acqua fresca e pulita da un recipiente ben colmo (il recipiente mezzo vuoto demotiva). Se non funziona si può provare ad aggiungere zucchero o, per gli animali più esigenti, succo di frutta e un pizzico di sale. Nei casi di rifiuto ostinato si consiglia di far correre l’animale per qualche minuto e di iniettargli in gola, con una siringa, qualche liquido sciropposo in modo da creargli una patina sulla lingua.
Colpisce il fatto che, nel mondo degli allevatori e dei veterinari, venga dato per scontato che gli animali non sappiano sempre regolarsi da soli. Anche tra gli umani, del resto, succede di non accorgersi di essere disidratati e di non avvertire la sete. I gerontologi, in particolare, raccomandano a chi ha una certa età di bere spesso, anche se non si ha sete.
Un ecologista radicale, di quelli che affermano che la natura è buona e l’uomo è cattivo, dirà che il fatto che alcuni cavalli non bevano abbastanza, fino magari ad ammalarsi e a morire, è comunque cosa buona e giusta, perché rientra nell’ordine naturale delle cose. L’intervento umano, anche quando si dà dell’acqua a un animale che ne ha bisogno, è comunque un’interferenza nell’armonia della natura (ecologismo romantico) o nella selezione naturale (ecologismo darwinista). Un po’ come gli economisti di scuola austriaca quando dicono che un salvataggio di un paese, di una banca o di un’impresa è comunque un’interferenza sacrilega nell’armonia del mercato e ne indebolisce i processi di selezione naturale.