Cronaca: Catania, la battaglia civile contro l’ arrusti e mancia

Si tratta di una pratica purtroppo diffusa nel catanese, direttamente connessa con l’organizzazione delle corse clandestine e spesso confusa con una tradizione gastronomica della zona: allevatori improvvisati che detengono i cavalli in questione in strutture assolutamente non idonee e chiaramente in modo clandestino: garage e autofficine per lo più, anche in pieno centro si trasformano in stalle abusive per la detenzione dei cavalli utilizzati nelle corse, alcune di queste sono state trovate anche in strutture comunali come il Parco Monte Po.Ma il problema non è solo questo: infatti i cavalli utilizzati per le corse sono tutti destinati alla produzione umana, cioè alla macellazione, che da queste parti gli allevatori effettuano in privato e per conto proprio: difficile per le autorità di competenza arginare il problema, anche perchè la lunga burocrazia e le scappatoie per evitare controlli e sanzioni non mancano. Prima di macellare un capo, i controlli sono affidati al veterinario che è obbligato a visitare l’animale e a controllarne la documentazione, per il resto ci si affida ad una autocertificazione del proprietario, ma essendo i luoghi di macellazione in gran parte privati, basta dichiarare la macellazione di un capo invece che di un altro, corrompere il veterinario che ha effettuato la visita oppure macellare durante la notte con il benestare del proprietario della struttura e il gioco è fatto, si evitano anche i controlli e le sanzioni fiscali, molto più redditizio e meno rischioso che avviare l’attività di un macello clandestino.La lunga burocrazia contribuisce inoltre ad aumentare le difficoltà per effettuare controlli puntuali, una normativa del tutto assente fino al 2000 e piuttosto contorta quella introdotta in seguito, è infatti solo di recente l’introduzione dell’anagrafe equina e l’obbligo per i proprietari dei cavalli di impiantare microchip, avere passaporto e codice internazionale. Ma un cavallo si muove moltissimo nell’arco della sua vita (più di 10 anni) e cambia spesso maneggio e proprietario, e i trasferimenti spesso non vengono tracciati, tutto ciò sommato alle procedure non uniformi di Province e Regioni e all’assenza di una Banca Dati condivisa rendono la “mappatura“ dei capi presenti sul territorio un’impresa quasi impossibbile, di conseguenza anche i controlli non possono essere efficaci, lo sono al momento se avvengono a seguito di segnalazioni, che però sono poche. Va detto che il problemaprincipale restano le condizioni in cui sono detenuti i cavalli destinati alla produzione umana, che prendendo parte alle corse vengono trattati con sostanze dopanti, farmaci vietati in Italia e importati dall’estero o comunque proibiti nel caso di capi da macellazione come cortisonici e antibiotici, che vengono utilizzati per mascherare gli infortuni dovuti alle corse; è già grave di per sè il maltrattamento degli animali, ma mettere a rischio anche la salute di chi ne mangia la carne è ancora peggio.Tuttavia qualcosa si muove; alcuni abitanti del catanese si sono mossi per denunciare e combattere questo fenomeno, e il 13 ottobre di quest’anno i carabinieri in collaborazione con le guardie zoofile hanno controllato cinque stalle e identificato 15 cavalli forse coinvolti nelle corse clandestine, sei persone sono state denunciate per maltrattamento e possesso di farmaci somministrati senza ricetta, molti dei quali erano sconosciuti o vietati in Italia e importati clandestinamente.(CM fonte CIzen.it)