E adesso pure la Gran Bretagna…

Che la crisi economia abbia ormai contaminato le più grandi potenze economiche del mondo occidentale,è ormai un fatto più che noto. La costante difficoltà di far “quadrare i conti “ sembra essere diventata le sfida del nuovo millennio. L’ormai tanta discussa crisi però, sembra ripercuotersi non solo su coloro che sono partecipi al sistema economico (quindi l’uomo) ,ma anche coloro i quali sono del tutto estranei a determinate dinamiche ,che hanno un carattere squisitamente antropico ( quindi i cavalli). C’eravamo, già in passato, occupati della tristissima vicenda dell’abbandono dei cavalli, come un nuovo fenomeno di emergenza, nel quale importantissimi esponenti del mondo equestre, si erano fatti carico della problematica e della sua risoluzione. Tale pratica però, nonostante gli sforzi dei più sensibili a tale tematica, ha visto un propagarsi anche ad altre nazioni. Non ostante la sua astensione dall’euro, la Gran Bretagna sta anch’essa affrontando una profonda crisi economica data dal fatto che è il paese con il più alto rapporto debito-Pil complessivo, con previsioni di crescita che si aggirano allo 0,7% nel 2012, grossissimi sforzi per mantenere ormai la ben nota AAA, circa 2 milioni di dipendenti pubblici che aderiscono ormai ai sempre più frequenti scioperi ,date dalle misure di austerità. Tutto ciò però oltre a ripercuotersi agli appartenenti alla specie umana, sembrano però riverberarsi anche agli appartenenti alla specie equina ( nei quali non possiamo di certo ricercare i fautori della benemerita crisi). Infatti in Gran Bretagna dal 2009 ad oggi, il fenomeno degli abbandoni di equini è aumentato esponenzialmente arrivando oggi a circa 500 esemplari. Molte sono naturalmente le associazioni che si stanno mobilitando per l’arginazione di tal fenomeno, che sembra stia investendo tutti i settori del mondo equestre inglese. Tale clima economico inoltre sembra aver creato lo strano paradosso secondo il quale, i prezzi del mercato sono fortemente scesi, quindi molti comprano ; ma la crisi ha generato una diminuzione della possibilità di mantenere anche le più basilari ( ma fondamentali) spese fisse ,di cui un equino necessita. Tale realtà economica quindi è molto complessa, e vede il delinearsi di due elementi sui quali intervenire. Secondo Redwings (http://www.redwings.org.uk/) in primo luogo naturalmente c’è la riorganizzazione di quello che è il reparto allevatoriale, quindi una pianificazione più oculata alla produzione di nuovi puledri e al “controllo delle nascite”, in secondo luogo una maggior presa di coscienza degli oneri che riguardano l’acquisto di un cavallo. Come già detto, sembra che la crisi colpisca anche coloro ,che ne sono estranei per ragioni banalmente ovvie. Si crede che non sia necessario attendere che le cifre diventino quelle da prima pagina, perché anche un solo cavallo abbandonato dovrebbe alimentare quello sdegno che accompagna tutti gli altri fenomeni di crudeltà, dando comunque un primo campanello d’allarme a un fenomeno che inizialmente è stato sostanzialmente sottovalutato ,e che adesso si sta espandendo sempre più. La tanto paventata libertà concessa così ai cavalli, si rivela in realtà un lunghissimo calvario per i nostri amici quadrupedi, che devono affrontare situazioni di totale e repentino inselvatichimento, dove la totale tutela da parte dell’uomo diviene improvvisamente assente. Il mancare di una corretta alimentazione, le fondamentali cure di grooming , o anche la possibilità di un giaciglio al coperto, porta moltissimi esemplari ( soprattutto i più anziani e i più deboli) al sopraggiungere di patologie ,le quali portano inesorabilmente alla morte. Si è davvero rotto l’antico patto uomo-cavallo? Forse ,ma di sicuro non per inottemperanza da parte dei nostri eterni compagni equini!
Edgar Palermo