Filippo Chiarenza: una vita nei Mounted Games

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Filippo Chiarenza

La carriera di Filippo Chiarenza è il riflesso della crescita dei Mounted Games in Italia. Atleta fin da giovanissimo, tecnico federale oggi, allevatore per scelta e visione, Chiarenza ha vissuto ogni fase della disciplina, contribuendo in modo concreto al suo sviluppo.

Cresciuto praticamente insieme ai Mounted Games italiani, Filippo Chiarenza rappresenta una generazione di atleti che ha vissuto la disciplina non solo come sport, ma come vero e proprio percorso di vita. Il suo racconto parte da lontano, da un’epoca in cui le alternative per un giovane cavaliere erano molto più limitate rispetto a oggi.

«Io sono in questo mondo praticamente da quando questa disciplina è arrivata in Italia», racconta. «Ero piccolo, andavo già a cavallo e praticavo le discipline olimpiche, che all’epoca erano l’unica possibilità se volevi andare a cavallo». Un contesto in cui la scelta non era tanto legata alle attitudini personali, quanto alle opportunità disponibili: salto ostacoli, dressage o completo rappresentavano l’unica strada per chi voleva crescere sportivamente.

L’arrivo del Pony Games segna però una svolta netta. «Da subito mi sono affacciato a questa disciplina e mi è piaciuta molto», spiega Chiarenza. «Era qualcosa di diverso, più dinamico, più vicino al mio modo di vivere il cavallo. Così ho continuato negli anni». Una scelta che si rivela presto vincente: «Ho avuto anche la fortuna di fare i Campionati Europei Under 12», un’esperienza che consolida il suo legame con la maglia azzurra e con l’alto livello.

Da quel momento, continua a gareggiare, cresce come atleta e osserva dall’interno una fase di profonda trasformazione della disciplina. «Sono rimasto sempre nelle gare, nella Nazionale, nell’alto livello», sottolinea. «E ho vissuto tutta la trasformazione che ha avuto questa disciplina».

Una trasformazione tutt’altro che scontata. «All’inizio c’era solo il Pony Games e non era per niente sicuro che diventasse quello che è oggi», ricorda. Il passaggio verso i Mounted Games, l’evoluzione regolamentare e organizzativa, l’introduzione delle categorie Open: tutti cambiamenti che hanno ridisegnato il futuro dello sport e che Filippo Chiarenza ha attraversato da protagonista, prima in sella e poi anche da tecnico.

Atleta, tecnico e Nazionale

Nel corso degli anni arrivano anche i risultati sportivi personali, maturati con l’esperienza e con cavalli sempre più mirati alla disciplina. Titoli italiani, piazzamenti di vertice e, più recentemente: «Quest’anno con un cavallo di cinque anni ho vinto il campionato italiano a squadre e ho fatto secondo nel campionato italiano a coppie», racconta, evidenziando come il lavoro fatto sul binomio e sulla selezione dei cavalli stia dando frutti concreti.

Risultati che non arrivano per caso, ma che sono il punto di arrivo di un percorso iniziato da bambino, cresciuto passo dopo passo e costruito con continuità. Un percorso che oggi rende Filippo Chiarenza una figura credibile e autorevole non solo per ciò che ha vinto, ma per ciò che ha vissuto e contribuito a costruire nel tempo. Parallelamente all’attività sportiva, infatti, Filippo Chiarenza apre il suo circolo e inizia a lavorare come tecnico, senza mai smettere di gareggiare.

«Continuo a fare le gare che faccio ancora oggi», sottolinea.

Il 2025 segna il suo debutto come tecnico della Nazionale:

«Quest’anno ho fatto il mondiale per la prima volta con l’Under 18 e la Open e abbiamo preso due medaglie di bronzo, una per categoria».

Essere passato da atleta a tecnico ha cambiato il suo punto di vista:

«A piedi hai un controllo di te stesso diverso. Riesci ad analizzare la situazione con più serenità. Da cavallo la parte emotiva è sempre molto forte, anche se hai già fatto tante gare».

L’allevamento: cavalli pensati per il Mounted Games

L’attività allevatoriale di Filippo Chiarenza nasce in modo naturale dalla sua esperienza agonistica e non da un progetto astratto. È il frutto diretto di anni passati in gara, a confrontarsi con cavalli diversi e con le reali esigenze dei Mounted Games.

«Io ho iniziato allevando da cavalli che ho montato in gara. Ho sempre cercato cavalli che potessi montare e addestrare io», spiega. Partire da soggetti già testati in competizione gli ha permesso di avere un riferimento chiaro su ciò che funziona davvero in campo, sia dal punto di vista atletico sia caratteriale.

Con il tempo, il lavoro si è fatto sempre più mirato e consapevole. «Mi sono orientato sui Quarter da tanti anni, interessandomi molto alle linee di sangue», racconta. Un percorso di studio e osservazione che lo ha portato a individuare nelle linee da lavoro la base più solida per la disciplina: «Alla fine ho scoperto che le linee più adatte sono quelle da lavoro, da vitelli, oggi cow horse: sono più versatili e più semplici da gestire».

Accanto alla versatilità, però, Chiarenza ha sempre cercato anche qualcosa in più in termini di prestazione. «Siccome mi è sempre piaciuto cercare la performance un po’ estrema, ho guardato anche alle linee da barrel», spiega. Da qui la scelta di sperimentare: «Ho provato a fare incroci con le mamme che avevo io», un lavoro fatto con gradualità e attenzione, che negli anni ha portato a cavalli capaci di unire testa, disponibilità e grande reattività.

Un allevamento costruito passo dopo passo, coerente con la sua idea di Mounted Games e profondamente legato all’esperienza vissuta sul campo.

Carattere, testa e collaborazione

Per Filippo Chiarenza, l’aspetto mentale del cavallo è il vero discrimine tra un buon soggetto e un cavallo realmente competitivo nei Mounted Games. La velocità e l’agilità sono requisiti imprescindibili, ma da sole non bastano. «Un buon cavallo da Mounted Games deve essere veloce e molto agile, ma soprattutto disponibile», sottolinea.

La disponibilità, però, non è un concetto generico. Significa avere un cavallo capace di rimanere connesso al cavaliere anche nelle situazioni più concitate, quando il ritmo è elevato e le decisioni devono essere prese in una frazione di secondo. «Deve essere pronto ad ascoltare l’indicazione che gli dai e a interpretarla subito», spiega Chiarenza, evidenziando come la rapidità di comprensione sia tanto importante quanto quella di esecuzione.

Nei Mounted Games, infatti, non esistono schemi rigidi. Ogni gara si costruisce in tempo reale, in base a ciò che accade in campo. Per questo, «un cavallo veramente valido è un cavallo che partecipa attivamente al gioco». Non si limita a eseguire ordini, ma collabora, anticipa, si adatta alle situazioni e diventa parte integrante della strategia del binomio.

Quando questo non accade, anche il talento atletico perde efficacia: «A velocità elevate, il cavaliere deve già gestire equilibrio, traiettorie e oggetti di gara: se deve anche “tenere insieme” il cavallo, il margine di errore aumenta inevitabilmente».

In questo equilibrio tra esperienza vissuta, risultati sportivi, formazione e selezione del cavallo, Filippo Chiarenza incarna una visione moderna e consapevole dei Mounted Games, dimostrando come il futuro della disciplina passi dalla capacità di costruire, con pazienza e competenza, binomi completi, atleti preparati e una cultura sportiva solida e duratura.

HSJ x FISE

Ph Fabrizio Vacca | Jousting Time

© Riproduzione riservata.

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