Gioie e dolori del Galoppo

Peppe Quintale è noto al pubblico come comico, presentatore, direttore de La3, canale digitale mobile, nonché per la partecipazione all’ultima edizione de “l’Isola dei famosi”, noi l’abbiamo incontrato in veste di grande appassionato e proprietario di cavalli da corsa e da concorso. L’artista ci ha raccontato com’è nata la sua passione e quali sono le gioie e i disagi di un proprietario di galoppatori oggi, momento in cui l’ippica italiana appare particolarmente fragile.
Ci racconta com’è nata la sua passione per i cavalli?
Sono di Bagnoli, un quartiere di Napoli attaccato ad Agnano, fin da bambino mi sono sempre piaciuti i cavalli, mi piaceva andare alle corse, mi portava mio zio. Poi per dieci anni sono stato fuori dall’Italia, quando sono tornato mi è ripresa la voglia, prima sinceramente non me lo potevo permettere. Il 26 ottobre del 1997 sono andato a un’asta di cavalli a Capannelle, dove mi ero imposto di non spendere più di un tot, ho speso quasi il doppio. Devo dire che ho avuto la fortuna del principiante, l’ho comprato alle 12.05 e, Awkard, era già iscritto alla seconda corsa, è arrivato secondo e si è ripagato quasi a metà. Awkard è stato un cavallo forte, con il quale mi sono divertito tanto. Dal ‘97 mi sono impegnato sempre di più, con annate disastrose alternate ad annate divertenti, però dico sempre che il cavallo è una passione, che fa rima con remissione!
Riesce a dedicare del tempo ai suoi cavalli?
Negli ultimi anni tento di avere i cavalli per godermeli, ho avuto periodi in cui li ho visti qualche volta in pista. Da qualche tempo abito a Milano, ho deciso di avere come allenatore Pierpaolo Pacello, che sta di fronte a casa mia, quindi me li sto godendo molto di più. Riesco a passare in scuderia al mattino, prima di andare in ufficio, o se ho qualche ora libera nel pomeriggio Così, vivo il lavoro del cavallo, la vita di scuderia, che mi hanno fatto tornare la voglia che tanti fattori esterni mi avevano fatto passare. Perché l’unica cosa che ti fa venire il desiderio dei cavalli, sono i cavalli stessi. È passato un inverno pessimo, la stagione peggiore per un proprietario di cavalli, e anche per i cavalli stessi che patiscono un po’, bastano i primi raggi di sole e due, tre debutti imminenti per farti cambiare idea.
Inverno pessimo per la crisi dell’ippica?
Come il resto del mondo anche l’ippica vive una crisi, ma da troppo tempo. Sono manager di un’azienda, e c’è un signore che mi paga uno stipendio, se non porto a casa dei risultati quel signore mi manda via, questo non accade nell’ippica. L’ippica è un’impresa, se ci sono manager che vengono mandati via e rientrano da un’altra porta, significa che qualcosa non funziona. È possibile che nell’ippica ci siano sempre le stesse persone da 20-25 anni?
Le persone che parlano oggi, sono le stesse che ne hanno fatto scempio e si sono pigliati i soldi per i fatti loro. Abbiate la dignità di farvi da parte, questa è la cosa che mi dispiace di più, avete dato, preso, andatevene, si rinasce dalla cenere o dalle potature.
Hai mai proposto cose innovative?
Sono nell’ippica da dieci anni, come prestazione professionale non ho mai chiesto un euro, ho sempre dato. Ho proposto all’UNIRE dei giochi, da direttore di una televisione digitale, ho chiesto se potevamo trasmettere la tris sui cellulari, non in diretta ma dieci minuti dopo, non mi ha risposto mai nessuno.
Contemporaneamente Equidia, in Francia, ha comprato un canale digitale mobile a due milioni di euro. Io lo propongo gratis e neanche mi rispondi?
Da dove parte il degrado?
C’è un discorso di troppa parcellizzazione e mancanza di unità, è ovvio che l’immagine dell’ippica è degradata. Gli ippici sono troppo gelosi.
Basta vedere come si comportano nei confronti di un neofita la prima volta che entra in un ippodromo. Un poveretto che entra e chiede “scusi, cosa significa accoppiata?” Lo trattano quasi fosse un non so che cosa. In altri Paesi, durante le riunioni importanti, ci sono i chioschi dove spiegano come si scommette. In Italia niente. Sembra che ci sia un’organizzazione da dilettanti. Se il risultato dell’ippica negli ultimi anni è sempre stato quello delle pacche sulle spalle, o“meno male, per fortuna anche quest’anno siamo riusciti a pigliare il montepremi”, non va bene.
Un’azienda non si cambia in un anno, è necessario riuscire a ottenere un piano quinquennale, a rischio di chiudere tutto, non si può riaprire per avere sei mesi d’ossigeno.
E la televisione?
Parlo con dispiacere, se hai un canale di nicchia non puoi stare al 220, devi stare all’800-900. Al 220 hai la possibilità di avere un pubblico molto più vasto, sono prima di Sky Sport Italia, nello scarrellamento la gente ci passa per forza. Quando la gente ci arriva trova solo delle pagine ferme con musiche impossibili ripetuteun milione di volte, di che parliamo? Credo che neanche in Bulgaria ci sia una televisione così e che Tele Kabul abbia più dignità e con questo non me ne voglia la Snai, alla quale voglio pure bene. So che fare un canale costa ma, con un buon prodotto, si trovano gli investitori. La qualità si paga, ci vogliono soldi, paghi la fotografia, la qualità dello studio, paghi tutto. Una cosa che mi ha sempre fatto ridere è che chiamano Bruno Vespa a fare i talk-show, benissimo, con tutto ilrispetto e il bene che gli voglio, ho avuto anche l’onore e il piacere di essere suo ospite, ma che senso ha pagarlo per vederlo sul 220?
Cosa si può fare?
Le azioni da fare ci sono, anche attraverso questa intervista. Ho un gioco che potrebbe risolvere la crisi degli ippodromi, basta che riesca a mettere al tavolo l’AMS e gli ippodromi, se riesco a farlo li convinco che possiamo risolvere la crisi. Te lo metto per iscritto adesso.
Lei ha provato a contattarli e non ha avuto nessuna risposta?
Macchè! È imbarazzante. Posso partire con 4-5 ippodromi e dimostrare che con il mio gioco riempio le strutture, voglio vedere chi risponde. Ho provato a contattarli anche per vedere se era possibile fare qualcosa sul loro canale, credo di sapere qualcosa sull’argomento. Sono latitanti, è mortificante. In tutto questo ho sei cavalli in allenamento e aspetto i libretti dei cavalli che devono debuttare e ho la fortuna di conoscere la santa Antonella del Signore. Ho presentatola domanda, ma ci sono ritardi su ritardi: aiuto! Succede sempre qualcosa, al protocollo i passaporti rimangono un mese. Posso capire tutto, però come faccio a portare qualcun altro nell’ippica e dirgli “il tuo cavallo non può debuttare perché non ha il libretto?” In Francia fanno tutto loro. Anche all’UNIRE ci sono persone gentili ma sono pochi e fanno quello che devono.
Cosa la trattiene nel mondo dell’ippica?
Sono ancora qui, sono contento quando i miei cavalli debuttano, aspetto che la mia fattrice partorisca, ma credo che se i cavalli parlassero manderebbero a quel paese tutti, perché non è vita neanche per loro. Non riesci a fare le cose. L’ippica ha un motore che nessun’altra passione possiede, perché è come comprare un sogno, la gioia di vincere è incommensurabile, speri sempre di vincere. Ogni proprietario, da quello che spende duemila euro ad Al Maktoum, compra un cavallo perché spera di vincere. Il lavoro del cavallo, dell’allenatore, della scuderia dev’essere gratificato, non si parla mai della gente che si alza alle 4 e mezza del mattino e che si spacca la schiena, dei fantini che cadono e si fanno veramente male.
Viviamo di reality, è brutto avere un mondo da raccontare, una televisione e non raccontarlo.
Com’è stata l’esperienza all’Isola dei Famosi?
L’ho fatto perché volevo vedere come funziona da dentro, devo dire che è tutto vero. È andata bene, ho sofferto tanto, non ci tornerei mai più, è stata una bella esperienza, ma pesante.
Perché ha sofferto?
Al di la della fame, soffri per l’umidità, gli animali, stare sotto la pioggia, i disagi igienici, stare con persone con le quali non condividerai mai più un momento dellatua vita, la convivenza coatta è terribile! Sono felice di essere riuscito a farla. Da direttore televisivo volevo vedere come si fa un reality. Due mesi sono lunghi. L’isola era carina, quando ci hanno spostati il posto era orribile, umido, puzzava, ho vissuto esperienze che spero non succederanno mai più nella vita, non è stata una passeggiata ma l’ho fatto. La cosa più bella dell’isola è che è finita!
Peppe Quintale, proprio in questi giorni per la sua passione, si trova in Argentina, dove ha scoperto un mondo incredibile intorno al cavallo purosangue.
Fonte Hippocampo – di Giovanna Spada