Gli Hamdani

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Akbar e Guillet 1

Nasr, Akaba, Akbar, cavalli che tra mito e realtà, storia e leggenda hanno fatto grande ed interessante da sempre il mondo del cavallo arabo.

La scrittrice britannica Judith Campbell, grande appassionata di cavalli arabi, raccontava nell’ultimo capitolo del suo libro Cavalli al sole: “Durante la mia ultima visita in Arabia avevo visto centinaia e centinaia di cavalli, ma ce n’era uno, Nasr, un Hamdano dello Yemen di cui avevo sentito molto parlare, che volevo assolutamente incontrare prima di tornare a casa“.
Siamo intorno alla metà degli anni ‘6O e la baronessa Campbell riesce finalmente ad appagare la sua curiosità in un rancing stables ad Amman quando incontra Nasr. Il proprietario del cavallo è il nostro ambasciatore in Giordania Amedeo Guillet e quando segue il lavoro dello stallone grigio montato dallo stesso Guillet, è impressionata per la vivacità delle movenze, per la particolare silhouette, per la nobiltà del portamento e, soprattutto, quello che l’incanta è la docilità e l’obbedienza agli ordini precisi che gli impone il cavaliere. Judith Campbell, entusiasta, alla fine del lavoro, si presenta a His Exellency the Italian Ambassador e vuol conoscere la storia di quel magnifico stallone che l’aveva raggiunta, su un alone di favola, nel suo shire e il barone Guillet, ufficiale di cavalleria cresciuto tra le cavallerizze di Pinerolo e Tor di Quinto, non si fa pregare.
“Nasr é uno dei cinquantasette cavalli Hamdani – racconta alla scrittrice – gli unici esistenti al mondo di questa razza, che appartenevano all’Imam Ahmed Ibn Yahia e l’Iman me lo regalò quando lasciai l’ambasciata di Sana’s. Tutti gli altri sono stati uccisi, due anni più tardi durante la rivoluzione yemenita del 1962, dai rivoltosi filo comunisti per spregio al re. Gli Hamdani – prosegue the ambassador – discendevano direttamente dalla cavalla Hamdania, che il Profeta aveva eletta a sua favorita per l’incomparabile bellezza, per la sua forza, per la sua dolcezza, per l’assoluta sottomissione, qualità e doti che si ritrovano, come ha avuto modo di vedere, in Nasr.
La storia di Hamdania diventata, la cavalla preferita dal Profeta tra le quaranta che vivevano alla sua corte, si racconta ancora oggi tra i beduini del deserto. Un giorno Maometto – continuò Guillet – lasciò le sue cavalle libere nel deserto e quando, dopo una giornata passata a cercare inutilmente un filo d’erba, le giumente, distrutte dal caldo, con i manti appiccicati dal sudore e con la lingua arsa, si erano avviate sulla strada del ritorno verso casa, all’improvviso, videro danzare dinnanzi a loro contro l’orizzonte i riflessi dell’acqua di uno uadi, scattarono in un galoppo frenetico verso l’inatteso dono. Ma il Profeta, che desiderava metterle alla prova e conoscere sino a qual punto potesse contare sulla loro obbedienza, scese nel deserto e le fermò con un ordine perentorio ma solo Hamdania frenò la sua corsa e tornò al cospetto del padrone, mentre le altre stavano già affondando il muso sino alle nari nella fresca corrente. E da questa cavalla, divenuta dopo questa prova di ubbidienza l’eletta del Profeta discesero, nei secoli, in assoluta purezza, i cavalli Hamdani cantati dai poeti del deserto nelle loro ballate, dove vengono esaltate le qualità che non possiede nessun altro cavallo arabo: agili come leopardi, coraggiosi come leoni, docili come vergini e, secondo i saggi Al Mutanabbi ed Abu Firaz, dotati di un intelligenza che si avvicina a quella della specie umana. Mai un Hamdano lasciò la sua terra perché nessun allevatore straniero, per nessuna cifra, aveva potuto averne uno e gli ultimi cinquantasette cavalli vivevano nelle ricche scuderie dell’Iman yemenita. Ma quando lasciai Sana’a per trasferirmi all’ambasciata di Amman in Giordania, per un nuovo incarico, l’Iman Ahmed, che mi aveva conosciuto qualche anno prima durante l’ultimo conflitto e mi aveva salvato dagli inglesi assumendomi come suo groom, con un atto di amicizia e per ringraziarmi di avergli messo in sella tutti i suoi figli mi fece il più grande regalo che potesse farmi, mi donò Nasr-ed- Din- Allah, che in arabo significa “la vittoria nella fede di Dio”. Nasr, nato nel’58, il solo Hamdano sfuggito alla carneficina di quattro anni dopo, mi seguì, qui in Giordania, dove lo monto ogni giorno”.
Judith Campbell si annotò tante notizie sul suo taccuino e confessò ad Amedeo che solo queste le erano valse il viaggio. E Guillet aggiunse, con lo spirito che sempre lo contraddistinse: “Il solo problema che ho con Nassr e che mi imbarazza, é che lui non pensa che io sia un uomo, ma mi crede un altro cavallo.”Cosa è rimasto di Nasr oggi e della sua stirpe dopo l’ incontro nel rancing stable di Amman?
L’ultimo degli Hamdani, qualche anno più tardi, seguì l’ambasciatore nel nuovo incarico in Marocco, ma quando questi fu trasferito in India lo portò in Italia, dove venne accolto nelle scuderie del Marucchettone di Paola Piaggio, nei pressi Capalbio in Maremma, dove accoppiato con una fattrice araba della linea di sangue Kuhaylan, assicurò la continuità della sua casta con tre prodotti: Muntasser, Bershir e Akaba. Finita la carriera diplomatica Amedeo Guillet si trasferisce in Irlanda a Kentstown, nella contea del Meath, portando con se i due puledri maschi, figli di Nasr, nati in Italia, mentre affida Akaba a Loris e Titti Beccheroni, che la portano nel loro allevamento The Sheba Arabians di Castiglione dei Pepoli, sull’appennino bolognese.
Akaba accoppiata con Orient dà alla luce Akbar , in arabo “il più grande”, che the ambassador rivuole con se in Irlanda.
Gli Handani sono finiti?
Ma… Considerati Desert Bred non hanno documenti genealogici in quanto lo Stud-boock, se mai fosse esistito, andò distrutto a seguito dell’ultima rivoluzione dello Yeman e perciò non sono riconosciuti dalla Whao. E li, a Kentstown, ritroviamo Akbar ogni anno quando torniamo in Irlanda per le cacce e lo abbiamo rivisto questo ultimo settembre quando, in occasone degli europei di Endurance e di Completo di Punchestown, siamo stati ospiti di Amedeo Guillet, oramai ultra novantenne, ma che ogni mattino porta il cibo ai suoi cavalli nei verdi paddochs che circondano la sua casa. Piccolo, un po’ curvo per un problema alla spina dorsale per una caduta da cavallo e claudicante per le ferite di guerra, li chiama e quando gli vengono incontro, arrivando al gran galoppo, li ferma come fece Allah, ma poi gli si fanno sotto e gli si stringono intorno spintonandolo e lui gli parla come se fossero uomini, ma nel linguaggio equino, dice lui, vantandosi anche di essere uno degli ultimi a conoscerlo. E poi ci ripete quanto detto quarant’anni prima ad Amman a Judith Campbell : “Il solo problema che ho sempre avuto con i cavalli arabi è che non pensano che io sia un uomo, ma un altro cavallo come loro”.
Il generale Ambasciatore Barone Amedeo Guillet, piemontese, compie 100 anni e la famiglia ed il Circolo Ufficiali delle Forze Armate d’Italia di Roma lo festeggiano e noi, anche, lo ricordiamo.
Mauro Beta

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