Il Lavoro nero degli artieri ippici.

Ci è capitato diverse volte di assistere in ippodromi e centri ippici ad improvvisi fuggi-fuggi del personale di scuderia non regolarmente inquadrato all’imprevisto ed improvviso arrivo di ispettori del lavoro chiamati a verificare le posizioni dei singoli dipendenti. La piaga del lavoro nero nell’ippica è andata dilatandosi con la lunga crisi in cui è sprofondato l’intero comparto. Del fenomeno si è occupato con dovizia di particolari, negli scorsi giorni, Gabriele Baldi sul sito dell’ A.N.A.G.T. (Associazione Nazionale Allenatori Guidatori Trotto) del quale è presidente. Crediamo di fare cosa gradita ai nostri lettori riprendendo integralmente di seguito quell’articolo: (“Voglio parlare un po’ di questa bestia che da una parte affligge l’ippica e dall’altra purtroppo la sorregge. Sembra un contro senso ma non lo è. Possiamo dire che parecchi anni fa gli artieri ippici che militavano nelle scuderie di trotto appartenevano ad una schiera di persone altamente qualificate e regolarmente assicurate. Successivamente la caduta verticale del montepremi, e di conseguenza di quanto le scuderie percepiscono come sostenimento, ha ridotto in modo drastico il numero di queste persone, infatti lo sparuto drappello degli antichi artieri ippici vengono denominati come “riserva indiana” negli annali del Fondo Artieri. “Aiutati che Dio ti aiuta”, è stato il motto della sopravvivenza per tantissime scuderie in questi anni, facendo calare così sia la qualità degli artieri ippici che il numero di quelli regolarmente inquadrati a libro paga. Quest’annoso problema era ed è stato più volte affrontato con i rappresentanti sindacali e pensavamo tutti che, grazie all’ultimo contratto di lavoro, si potesse raggiungere qualche traguardo in più per il miglioramento dell’ambiente. Entrando nei particolari, che cosa era successo? Era successo che, dopo svariati anni di assenza contrattuale, tale contratto, siglato nel 2008, usufruiva, tramite il Fondo Artieri, di contributi alle scuderie per la manodopera regolarmente assicurata e per quella che sarebbe emersa dal lavoro nero per rendere meno traumatica la trasformazione del lavoro di ogni tipo in quello regolarmente inquadrato. L’impegno era gravoso per tutti. Le scuderie avevano l’obbligo di pagare, anche se pur ratealmente, gli arretrati contrattuali del periodo di vacatio del contratto, il Fondo Artieri di versare una buona parte di quegli aumenti ai datori di lavoro. A tutto ciò ha posto un riparo l’Unire la quale, da buon imprenditore, non ha mai prestato attenzione al decreto del Ministro datato 27 febbraio 2008 e non ha mai versato un euro per questa contribuzione alla lotta al lavoro nero. Mi viene quasi da ridere, questa Unire incentiva le scuderie a non tenere assicurati gli artieri: bellissimo! Questo Ente pubblico che dovrebbe assicurarsi che tutte le scuderie siano in regola con lo Stato per poter incassare i premi vinti, non solo non controllano, ma incentivano azioni affinché aumentino gli irregolari fra i lavoratori dell’ippica. Il sottoscritto, quale presidente del Fondo Artieri per il trotto, dopo lunghissimi tentativi per incassare tali denari, ha dovuto rivolgersi al Tribunale Ordinario di Roma. Venerdì 19 marzo u.s., abbiamo avuto la prima udienza ed ho appreso con stupore che l’Unire contestava a aprioristicamente, tramite i loro avvocati, tutto quanto era stato scritto da quel Ministro e tutti i conteggi che erano stati fatti dalle compagini sindacali Sta diventando un’abitudine trascinare l’Unire davanti ad un Giudice per poter ottenere l’applicazione dei propri diritti. Voglio sperare che con l’insediamento del Commissario Straordinario Dr. Baggio, questa tendenza possa cambiare. Lo spero ardentemente. Il mantenimento dell’attuale situazione è veramente tragico. La seconda puntata è fissata davanti al Giudice per il 30 aprile p.v.) Il Presidente Gabriele Baldi