Ippica. Per chi suona la campana?

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CAMPANA

I giorni e i mesi trascorrono nell’attesa di una globale riforma del settore ippico che tutti auspicano ma della quale non si sente il vagito. In pratica si vivacchia tra un Gran Premio declassato e un accenno di chiusura di quel tale ippodromo con cassaforte stravuota. I cavalli continuano ad essere allevati, allenati e dichiarati partenti ma tutto si svolge con occhi ed orecchie puntati lì dove qualcosa si decide. Ci si dà il buongiorno lin scuderia all’alba e ci si augura la buona serata lasciando l’ippodromo dopo aver sistemato in box l’ultimo cavallo sperando che il giorno successivo qualcuno giunga con la tanto attesa novità. Il disinteresse totale sulle sorti dell’ippica italiana é palese viaggiando come una pallina di ping-pong da un palazzo del potere a quello competente per legge e viceversa. Di tanto in tanto giunge notizia di una convocazione urgente per importanti comunicazioni che ha più  l’amaro gusto di giustifica di lauti compensi erogati che di reale avvicinamento a definitiva ed auspicata soluzione dell’impasse. Certo a tutto il movimento ippico non ha per nulla giovato trovarsi di fronte al cambio di ben quattro responsabili del Dicastero di riferimento negli ultimi identici anni ma questo, a giudizio di molti, non giustifica l’inerzia anche in considerazione del fatto che in questi quattro anni tempo e studio per operare avvicendamenti e inserimenti nell’organigramma del settore ippico non é stato difficile trovarli. Aumenta giorno dopo giorno il convincimento che della lenta agonia di tutto il movimento, intorno al quale va ricordato ruota la sopravvivenza di migliaia di famiglie, interessa sempre meno chi ha poteri decisionali tutto preso da problemi giudiziari, crisi economiche e poltrone da salvare. Gli ippici in un ottobre di alcuni anni addietro si portarono in massa a Roma davanti ai Ministeri di riferimento per lanciare un grido di allarme. Quel grido fu accolto dai palazzi del potere come una esibizione goffa da tenere in poco conto perché lanciata da gente di cavalli che tutto sommato “stava bene“. Oggi quel grido si é ridotto a flebile lamento ma ha ancora forza sufficiente per farsi ascoltare. La ferma volontà di migliaia operatori del settore di non alzare bandiera bianca davanti all”inettitudine del potere politico risulta palese nei quotidiani discorsi pronunciati. Molti, troppi di quei lavoratori sanno bene di non avere vita lontano dai cavalli e dal mondo che vi ruota intorno. Questa certezza compatta, mantiene viva la voglia di lottare e lontani quei lugubri e lenti rintocchi di campana  da alcuni vagheggiati prossimi per l’ippica italiana. (Bruno Delgado)

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