
Muli e bardotti: gli “ibridi testardi” che hanno fatto la storia.

Dalla Mesopotamia ai giorni nostri, la curiosa vicenda degli incroci più famosi tra cavalli e asini per arrivare ai muli e bardotti.
Circa 4000 anni fa, in Mesopotamia, i Sumeri ebbero un’idea destinata a lasciare il segno nella storia dell’uomo: incrociare cavalli e asini. Da quell’esperimento nacquero due animali speciali, i muli e i bardotti. Non erano semplici varianti degli equini già noti, ma nuove creature ibride che univano forza, resistenza e… un pizzico di testardaggine.
Secondo quanto riportato dall’Enciclopedia De Agostini, il mulo è il risultato dell’accoppiamento tra un asino maschio e una cavalla, mentre il bardotto nasce dall’unione inversa, cioè cavallo maschio e asina. A prima vista possono sembrare simili, ma gli allevatori e i viaggiatori di ogni epoca sapevano distinguere bene le due creature: il mulo, più robusto e resistente, ha avuto un successo storico senza rivali; il bardotto, invece, meno forte e meno longevo, è sempre stato meno diffuso
Muli superstar (e bardotti in secondo piano)
Gli antichi Romani, che non lasciavano nulla al caso quando si trattava di agricoltura e allevamento, raccontano nei loro trattati come gli stalloni asini venissero tenuti insieme alle cavalle proprio per facilitare la convivenza e aumentare le possibilità di accoppiamento. Il risultato era un animale dalla “doppia anima”: la resistenza e la parsimonia dell’asino, unita alla forza e alla statura del cavallo. Perfetto per trasportare carichi pesanti attraverso montagne, deserti e mulattiere impervie.
Non è un caso che ancora oggi esista il termine “via mulattiera”: molte strade di montagna furono tracciate proprio tenendo conto delle capacità di questi animali straordinari.
Il bardotto invece, pur interessante, ha avuto un ruolo molto più marginale. È più simile a un cavallo che a un asino, ma manca della forza e della resistenza del mulo. Per questo motivo, la sua diffusione è sempre stata limitata.
L’arte di addestrare muli
Un dettaglio curioso riguarda il loro addestramento notturno. I muli, come i cavalli e gli asini, sono animali gregari: amano viaggiare in fila indiana e seguire un leader. Per insegnare loro a muoversi anche al buio, gli allevatori utilizzavano una cavalla “maestra” con un campanaccio legato al collo. I muli, riconoscendo il suono, imparavano a seguirla ciecamente anche senza vedere la strada. Un vero GPS dell’antichità!
Muli e bardotti, figli della natura… ma senza eredi
Gli incroci tra cavalli e asini funzionano bene, ma con un limite: la sterilità della prole. A causa della diversa dotazione cromosomica dei genitori (62 cromosomi il cavallo, 62 l’asino, ma non compatibili), muli e bardotti nascono forti e longevi, ma non possono riprodursi. Questo ha obbligato per millenni gli allevatori a creare nuovi esemplari tramite incroci artificiali, anziché attraverso la selezione naturale.
Dai Sumeri alle montagne di oggi
Se i Sumeri li utilizzavano già 4000 anni fa per trasportare merci e persone, nel Medioevo i muli erano insostituibili nei monasteri e lungo le vie commerciali. Ancora nel Novecento hanno avuto un ruolo fondamentale durante le guerre, specialmente in montagna, trasportando munizioni, cannoni smontati e viveri.
Oggi, nell’era dei camion e dei droni, i muli non hanno perso tutto il loro fascino: in alcune zone montane e rurali del mondo vengono ancora utilizzati, e rimangono simbolo di forza silenziosa, resistenza e affidabilità.
HSJ .
Fonti
Enciclopedia De Agostini, voce “Mulo e bardotto”
Clutton-Brock, J. Horse Power: A History of the Horse and Donkey in Human Societies. Harvard University Press, 1992
FAO (Food and Agriculture Organization), “Mules and Donkeys in Rural Livelihoods”, 2004
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