> Nessun dorma. La crisi dell’Ippica non lo permette.

Ci sono dei periodi di tempo nella vita del nostro bel paese nei quali tutto o quasi sembra che si cristallizzi in attesa di un risveglio. Uno di questi si presenta puntualmente quando il solleone s’impadronisce del nostro territorio ed il pensiero di tutti corre alle agognate vacanze estive. C’è naturalmente chi da bravo stakanovista fa finta di dimenticarsene e chi al contrario non si preoccupa di poggiare sulla scrivania dell’ufficio l’ennesimo catalogo portato via da una qualsiasi agenzia viaggi. A chi non è capitato sentirsi rispondere la fatidica frase “rimandiamo tutto a settembre“ a fronte di un qualsiasi impegno da assumere o problema da risolvere? Può però accadere che non sia possibile procrastinare ulteriormente la ricerca di una soluzione ad una situazione che langue da troppo tempo. Un po’ come il medico che vede l’avanzare di un processo di necrosi e sa di dover metter mano subito al bisturi se non vuole perdere il paziente. L’ammalato grave, nel nostro caso, è l’ippica italiana che rischia di scomparire se non si adottano soluzioni immediate ed efficaci da parte di chi viceversa sembra che dorma in attesa di eventi. Appare ormai lontana nel tempo quella giornata di protesta che portò sotto i palazzi romani del potere una grande fetta del popolo ippico che chiedeva aiuto per non soccombere. Cosa è accaduto da quel giorno? Sotto l’aspetto pratico poco, molto poco. Un cambio di Ministro, una doppia sostituzione sulla maxi poltrona dell’Ente di riferimento dell’ippica, programmi di ripresa rimasti sulla carta. E il Comitato di crisi sorto per tutelare tutti gli ippici che fine ha fatto? E le varie (troppe) sigle che rappresentano le categorie di settore cosa stanno facendo? Ci si continua a beare per qualche pregevole risultato sportivo continuando ad ignorare però il vero problema rappresentato dalla sopravvivenza del settore. Si vivacchia in attesa che “lassù“ si prenda la decisione migliore. Un po’ la politica dell’ “armiamoci ed andate“ che viceversa non porta da nessuna parte. O meglio finisce solo dove ci sono tante belle croci allineate. (Bruno Delgado)