“Portiamo  in alto la  bandiera del nostro Paese”: Robin Muhr

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Robin Muhr

Cavalli, pressione e salto ostacoli per Israele

Quando incontri Robin Muhr, percepisci subito una calma e una determinazione tipiche solo dei cavalieri che hanno calcato le arene internazionali più importanti. A soli 30 anni, il cavaliere israeliano ha già rappresentato due nazioni, partecipato alle Olimpiadi, ai Campionati del Mondo, e ora è nuovamente protagonista ai Campionati Europei FEI di A Coruña.

“Ho già fatto alcune belle esperienze,” racconta con modestia. “Ma mi sento ancora giovane. C’è ancora tanto da imparare — ed è proprio questo il bello.”

Dai pony all’élite

La storia equestre di Robin inizia in Francia, dove è nato in una famiglia legata al mondo dei cavalli.

“La mia famiglia è sempre stata con i cavalli,” spiega. “Ho iniziato a montare a dieci anni, con i pony e le prime gare. Ho fatto due Campionati Europei nella squadra pony francese.”

Ma a vent’anni, Muhr ha fatto una scelta audace che ha cambiato il corso della sua carriera: ha deciso di rappresentare Israele.

“Mi sono trasferito in Israele e ho iniziato a gareggiare sotto la loro bandiera. Da allora ho partecipato a due Europei, un’Olimpiade e un Mondiale per Israele,” racconta. “È stata una tappa importante nel mio percorso, e sento che è stata la scelta giusta.”

Sotto pressione: “Devi imparare a stare bene

Anche se ormai i grandi eventi sono la sua routine, Robin ammette che la pressione è qualcosa che ha imparato a gestire nel tempo.

“All’inizio, la pressione era difficile da gestire. Non sapevo come affrontarla,” confessa. “Ora conosco meglio me stesso. Con l’esperienza, diventa più facile — ma resta comunque una sfida.”

Un aspetto che non sottovaluta è il modo in cui lo stato emotivo del cavaliere influisce sul cavallo.

“Montiamo animali, non macchine. Sentono tutto. Se sei nervoso, lo avvertono. Se sei calmo, lo percepiscono. Quindi bisogna restare centrati — per loro, non solo per noi stessi.”

Il suo metodo: tempo, fiducia e sensibilità

Quando arriva un nuovo cavallo in scuderia, la priorità di Robin non è vincere subito, ma creare una connessione.

“La cosa più importante è passare tempo con il cavallo. Non si può correre,” spiega. “La fiducia si costruisce con il lavoro, attraverso gli esercizi. Vedi come reagisce, come pensa. Così inizi a capirlo.”

“È una questione di feeling. Ti adatti al cavallo — non il contrario. Ogni cavallo è diverso, e il bravo cavaliere è quello che ascolta.”

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I cavalli che hanno cambiato la sua carriera

Parlando della sua carriera, Robin non ha dubbi: il merito va ai cavalli che lo hanno accompagnato.

“Il primo grande cavallo per me è stato Unforgettable,” ricorda con un sorriso. “L’ho iniziato a montare a tre anni. La gente diceva che era matto, che non avrebbe mai saltato in alto. Ma io ho sentito qualcosa di speciale.”

Quel “qualcosa” si è rivelato reale.

“Mi ha portato ai miei primi concorsi cinque stelle. Aveva una testa incredibile, tanto cuore. È stato lui a lanciarmi nel grande sport.”

Poi è arrivato Vino Z, cavallo con cui ha partecipato agli Europei di Riesenbeck e a numerose Coppe delle Nazioni.

“Con Vino Z ho fatto belle gare — Roma, Piazza di Siena. Era un combattente, con tanto cuore.”

Un’altra compagna importante è stata Stawita PS, con cui ha partecipato ai Mondiali di Herning.

“Con lei ho imparato la precisione, il ritmo. Mi ha dato tanto a livello tecnico e mentale.”

Oggi, il cavallo principale di Robin è Galaxy, un castrone di 14 anni con cui ha già fatto esperienza olimpica.

“Galaxy è molto talentuoso, ma ancora inesperto mentalmente. Ha 14 anni, ma è come un cavallo di dieci per quanto riguarda l’esperienza,” dice. “Lo monto da due anni. Stiamo crescendo insieme.”

Rappresentare Israele: un team diverso, una visione comune

Scegliere di rappresentare un’altra nazione non è mai una decisione facile. Ma per Robin, gareggiare per Israele è motivo di grande orgoglio.

“Israele non è una nazione equestre come la Germania o la Francia. Non abbiamo l’allevamento, né la struttura,” spiega. “Ma abbiamo qualcosa di unico.”

Il team israeliano, infatti, è formato da cavalieri con background diversi — un punto di forza, secondo Robin.

“Arriviamo tutti da realtà diverse — Francia, Stati Uniti, Sud America — e portiamo approcci differenti. Questo ci rende speciali.”

“Abbiamo avuto anche allenatori di livello, come Hans Horn, che ci stanno aiutando tanto.”

“Guarda la squadra di oggi: Daniel Bluman, Ashlee Bond, Theodore Boris, Vanessa… sono tutti ottimi cavalieri. Stiamo crescendo, e il mondo inizia a notarci.”

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Guardando avanti: “C’è ancora tanto da fare”

Con tanti traguardi già raggiunti, Robin Muhr guarda comunque al futuro con fame di migliorarsi.

“Ci sono ancora tante cose che voglio fare. Altri campionati, altre vittorie a cinque stelle,” dice. “Ma più di tutto, voglio continuare a crescere — come cavaliere, come compagno di squadra, e per Israele.”

“Questo sport richiede pazienza. Non si raggiunge il massimo a 25 anni. Si costruisce nel tempo — con i cavalli, con l’esperienza, con la fiducia.”

E che sia in campo prova o sotto i riflettori di una finale europea, Robin dà la sensazione di essere esattamente dove dovrebbe essere.

“Non è facile. Ma se lo ami, continui. E io lo amo.”

ph VS Media

© Riproduzione riservata.

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