Un grande campione: Markus Fuchs

Lo stretto legame tra la famiglia Fuchs e i cavalli nasce quando il nonno Mathias decise di trasformare in una vera e propria professione il suo hobby di addestrare e vendere cavalli. Da allora tutta la famiglia si è dedicata ai cavalli 365 giorni all’anno tanto che il maneggio fondato dal nonno esiste ancora ad è gestito da Thomas un tempo anche lui cavaliere internazionale, oggi driver professionista.
Adesso Markus è uno dei cavalieri più titolati del mondo con sei medaglie europee e una olimpica a squadre, una medaglia di bronzo a squadre ai campionati del mondo dell’Aia, sei titoli di campione nazionale svizzero, la vittoria della Coppa del Mondo a Goteborg, nel 2001, e soprattutto l’attuale primo posto nella ranking list mondiale.
Eppure, quando incontriamo Markus a Olympia, la tappa londinese di Coppa del Mondo, ci racconta che se si fosse dovuto giudicare da come andò il suo primo concorso non avremmo potuto prevedere che sarebbe diventato il campione che conosciamo oggi: “Eh, si, me lo ricordo bene, avevo 13 anni. Sono caduto da cavallo e mi sono rotto un braccio! Ho pensato tante volte a cosa avrei fatto se fossi nato in una famiglia diversa dalla mia, dove tutti montano a cavallo ad alti livelli, e non sono mai riuscito a darmi una risposta. Ho cominciato presto a lavorare facendo un periodo di apprendistato come commerciante, e poi, a 22 anni, mi sono dedicato completamente agli affari di mio padre: comprare e vendere cavalli, montare… così, abbastanza presto ho capito che la cosa migliore per valorizzarli era montarli io stesso e la decisione di diventare cavaliere professionista è stata presa quasi automaticamente“.
Naturalmente Marcus ammette che per avere successo, è necessario avere un buon cavallo ma aggiunge che oggi montare bene non basta, un buon cavaliere deve essere anche un buon manager, deve sapere trovare gli sponsor e organizzarli.“Ci sono tanti cavalieri che sono migliori di me, ma io credo di possedere queste altre qualità: sono uno specialista delle pubbliche relazioni.”
Nel cavallo quello che cerca è la testa, l’equilibrio e la capacità di sopportare bene lo stress delle gare e delle trasferte.
“Quando provo un cavallo mi affido unicamente al mio feeling. Quando scelgo un puledro, non ne conosco quasi mai le origini. Ormai i cavalli ho imparato a conoscerli e quindi mi fido delle mie sensazioni. Se sento che mi piace come reagisce agli impulsi o davanti all’ostacolo mi fido del mio giudizio. Per creare il binomio quello che conta davvero è l’esperienza: nel corso dei miei 25-30 anni di carriera ho dovuto imparare a tirare fuori il meglio da cavalli mediocri. Negli ultimi anni sono stato molto fortunato perché mi sono capitati dei soggetti molto buoni così adesso posso sfruttare tutta questa esperienza con loro, ed è davvero molto più facile!“
Esperienza, quindi, alla base di tutto, maturata anche e soprattutto nel lavoro quotidiano.
“Comincio presto al mattino, alle 7:30, e monto tutta la mattina. I cavalli, prima di essere montati, girano una mezz’ora alla giostra; poi cominciano ad essere lavorati dai cavalieri che mi aiutano e, alla fine, li monto io per almeno altri tre quarti d’ora. È un lavoro impegnativo perché per ogni soggetto devo pensare al lavoro adatto: i cavalli da Gran Premio, per esempio, a casa li faccio saltare molto poco. A dire la verità non faccio fare molta ginnastica ai miei cavalli. Ne faccio un po’ di più in inverno o dopo i due o tre mesi di riposo e quando ricomincia la stagione dei concorsi gli faccio fare tre o quattro giorni di ginnastica: qualche esercizio con ostacoli bassi e barriere a terra, ma niente di particolare, e mai durante la stagione. I cavalli che fanno le gare sono molto in forma e non ne hanno bisogno, saltano già ogni settimana, non gli serve davvero altro allenamento…
Lo stesso vale anche per il campo prova: i cavalli più caldi o nervosi li preparo e li monto una decina di minuti per scaldarli, poi li faccio girare un po’ alla corda, li monto di nuovo e faccio solo qualche piccolo ostacolo prima di entrare.
Quando sono a casa, poi devo seguire i miei allevi e i miei clienti, e a volte a provare dei nuovi cavalli. Un giorno si e un giorno no vado in piscina. A me piace mangiare di tutto e devo sempre tenere sotto controllo il mio peso. A parte la piscina, ho davvero poco tempo per altre cose, non ho quasi mai tempo libero e quando sono in vacanza faccio quello che fanno tutti: niente, solo relax“.
Come riesci a conciliare una vita fatta di impegni in tutto il mondo con la tua famiglia?
“Qualche volta mia moglie e i miei figli vengono con me, soprattutto se vado in un bel posto di mare, ma sono molto più spesso da solo, e non è facile… in fondo sono solo un uomo.“
C’è un concorso al quale preferisci partecipare?
“Ci sono tanti begli show in tutto il mondo. Ovviamente se c’è un montepremi alto diventa più eccitante. Mi piace montare a Roma perché è bello e a Calgary perché è il più ricco al mondo!“
È un uomo molto riservato e umile, Marcus, e pur essendo, in questo momento il numero uno al mondo ammette la superiorità di qualche collega.
“Se guardiamo tra i cavalieri internazionali, c’è n’è uno superiore a tutti, ed è Ludger Beerbaum. Penso che sia davvero il migliore, sia come doti manageriali, che come cavaliere e come preparazione dei cavalli, penso che sia davvero nettamente superiore a tutti noi.
Marcus è anche impegnato socialmente con ‘Jump for a Just World’ un’organizzazione nata con l’intento di coinvolgere il mondo dell’equitazione nella raccolta di fondi per cause umanitarie.
“Gli Niches & Special sono stati lasciati indietro da altri sport come calcio, tennis, sci, i cui atleti dedicano la propria immagine e il proprio tempo a diverse cause umanitarie. Io e gli altri cavalieri che hanno aderito crediamo che contribuendo a queste iniziative sociali potremo cancellare l’immagine che hanno i cavalieri di sportivi privilegiati parte di un’elite. Penso che chi, come noi, è in una condizione fortunata abbia l’obbligo di aiutare chi ha bisogno. Just World International è solo una delle cause che seguo, sono stato fortunato, per questo cerco di fare del mio meglio per rendere il mondo un po’ migliore.”
Per se si augura semplicemente di poter rimanere tra i primi dieci cavalieri per i prossimi cinque anni per poi ritirarsi ad una vita più tranquilla.
“Continuerò a seguire i miei allievi, e poi assumerò un buon cavaliere, cercherò dei buoni puledri e seguirò le gare da proprietario. E naturalmente continuerò a fare del commercio di cavalli. L’allevamento, invece, non fa per me…“.
Poi Markus, come monito per i giovani cavalieri che sognano questa professione ci racconta un aneddoto: “Una volta sono andato col van a fare un concorso, e quando ho aperto il portellone mi sono accorto di avere caricato il cavallo sbagliato. Così non ho potuto partecipare, perché in Svizzera non puoi cambiare monta. E’ stato molto doloroso per un professionista. Ma ho immediatamente realizzato che, senza cavallo, non sei più nemmeno un cavaliere!
La cosa più importante, però, è non dimenticarsi mai che si attraversano tanti alti e bassi; bisogna avere ben chiaro in mente che oggi vinci e domani perdi, è la vita ed è parte del nostro sport.(CdG)