Barefoot: più che una pratica, una filosofia.

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La questione che ruota intorno all’applicazione del Barefoot è quanto mai articolata, complessa e delicata: perchè applicarlo e perchè invece no?
Questo è l’argomento che vogliamo affrontare, in diverse puntate cercheremo di andare a fondo nella questione analizzando tanto i lati positivi quanto quelli  negativi di questa pratica, considerata da molti la condizione che più si avvicina allo stile di vita che il cavallo avrebbe in natura, da altri invece è considerata una digressione che rifiuta i progressi fatti in ambito di mascalcia e di ortopedia equina.
Partiamo dalla base: IN CHE COSA CONSISTE IL BAREFOOT?
Il Barefoot consiste nel mantenere il cavallo in assenza di ferratura ed è fondamentalmente una corrente di pensiero che racchiude una filosofia; nata negli Stati Uniti dagli studi condotti da J. Jackson su alcuni cavalli mantenuti allo stato brado (da qui il nome in inglese), questa filosofia si propone di riportare il cavallo ad uno stile di vita più naturale, nel quale il cavallo ha la possibilità di muoversi liberamente e di percorrere schemi comportamentali naturali, l’assenza di ferratura è pertanto solo uno degli aspetti che identifica il cosidddetto “Barefooter“, ovvero colui che abbraccia questa corrente di pensiero.
Il barefoot si basa sugli studi antropologici del cavallo effettuati nel suo ambiente evolutivo naturale, su tecniche di utilizzo del cavallo sul suo piede naturale, altrettanto naturali le tecniche utilizzate per il pareggio dell’unghia, con l’intento di ricreare analoghi stili di vita anche nei cavalli considerati “domestici“.
Detto così suona un pò favoleggiante, soprattutto se pensiamo alle abitudini del cavallo nel contesto di un qualsiasi centro equestre: vive chiuso in un box, esce (quando va bene una volta al giorno e il più delle volte solo per lavorare), l’apporto nutritivo che gli viene somministrato è senza dubbio diverso da quello che riceverebbe in natura.
Ma se il cavallo invece di rimanere nel box per tutto il giorno in attesa di essere sellato e montato, trascorresse la sua giornata al pascolo con i suoi simili, prima di essere montato e sellato non sarebbe forse meglio?
Questo è l’elemento cardine sul quale ruota la gestione Barefoot, è chiamato Paddock Paradise e prevede che i cavalli trascorrano gran parte della giornata liberi in ampi paddock in compagnia dei loro simili, con i quali socializzano ed hanno la possibilità di muoversi liberamente a loro piacimento: il risultato è stupefacente, il vostro cavallo raramente sarà nervoso e si metterà a vostra disposizione molto più volentieri durante il lavoro con il suo cavaliere.
Questo tipo di gestione in realtà viene applicata anche da chi non è un vero e proprio Barefooter ma allo stesso modo tiene a cuore la salute psicofisica del cavallo, sia esso da competizione che un semplice animale da affezione: numerosi cavalieri internazionali lasciano trascorrere ai propri cavalli buona parte della giornata dei paddock prima di sottoporli al lavoro quotidiano, ad esempio Pius Schwizer, da noi intervistato qualche tempo fa, ma allego anche una riflessione sull’importanza del paddock apparsa sulla pagina facebook del cavaliere Vittorio Orlandi, grande campione e uomo di cavalli.
Il consiglio per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, che ovviamente ripresenteremo con ulteriori analisi, è di fare un giro su questo sito: www.barefoothorseitalia.it
(MC)

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