Benedetti in Vaticano cavalli e animali domestici,la storia di Sant’Antonio Abate protettore degli allevatori e dei loro animali

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E’ stata una giornata speciale quella di ieri, il 17 gennaio infatti si festeggia il santo protettore degli allevatori e dei loro animali, sant’Antonio Abate.
Per l’occasione si sono presentati in Piazza San pietro in Vaticano per ricevere la loro benedizione un esercito di allevatori con cavalli, mucche e cani.
Ma chi era Sant’Antonio Abate e quale storia lo lega alla figura di santo patrono di allevatori ed animali?
Sant’Antonio Abate è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa e considerato il capostipite del Monachesimo, che avrà in seguito varie trasformazioni nel corso degli anni.
Nato a Coma, in Egitto nel 250 a.C. circa all’età di vent’anni abbandonò tutto per vivere prima in una plaga deserta e trasferirsi poi sulle rive del Mar Rosso.
Morì ultracentenario dopo aver vissuto una vita anacoretica per più di 80 anni.
Pellegrini e bisognosi si presentavano al suo cospetto provenienti da tutto l’Oriente (si narra che anche l’Imperatore Costantino ed i suoi figli si presentarono a chiedergli consiglio), attirati dalla fama della sua santità.
Due volte lasciò la sua condizione di eremita: la prima per andare a confortare i cristiani di Alessandria perseguitati da Massimino Daia, l’altra su invito del suo discepolo Atanasio vescovo di Alessandria per esortarli alla fedeltà verso il Consiglio di Nicea.
La sua vicenda è raccontata da uno dei suoi discepoli, sant’Anastasio.
Egli era alla ricerca di uno stile di vita penitente e senza distrazioni, la famosa “hora et labora“, la scelta di una vita solitaria era dettata dalla convinzione che solo la solitudine permettesse alla creatura umana di purificarsi da tutte le cattive tendenze.
Uno stile di vita estremamente duro sicuramente non adatto a tutti, le privazioni e soprattutto la solitudine davano origine a visioni e fantasie che talvolta erano scambiate per illuminazioni divine o tentazioni diaboliche che portavano alla perdita del senno tanti aspiranti asceti.
Con il tempo molte persone vollero tentare la strada ascetica e si presentarano nel luogo di solitudine prescelto da Antonio, il quale ebbe poi una sorta di illuminazione: iniziò così piano piano ad abbandonare la sua condizione solitaria e ad istruire i discepoli, a tutti dava consigli sulla ricerca della perfezione dello spirito.
Nel 307 un monaco eremita, S. Ilarione fondatore del primo monastero a Gaza in Palestina, andò a visitarlo per scambiarsi le loro esperienze sulla vita eremitica.
Da quando abbandonò per la prima volta il suo eremitaggio per recarsi dai cristiani perseguitati le sue uscite dall’eremo si moltiplicarono, e iniziò a prestare il suo aiuto alla comunità cristiana circostante.
In seguitò si ritirò di nuovo a vita solitaria nel deserto della Tebiade, dove il suo unico mezzo di sostentamento era un piccolo orto e negli ultimi anni di vita accolse con sè due monaci che lo accudirono nel’estrema vecchiaia: morì alla veneranda età di 106 anni il 17 gennaio del 356.
Nel 561 fu scoperto il suo sepolcro, al quale affluivano folle di malati (soprattutto di ergotismo canceroso, causato da un fungo presente nella segala utilizzata per fare il pane).
Il morbo era conosciuto fin dall’antichità come “ignis sacer“ e per ospitare tutti gli ammalati che accorrevano in loco venne edificato un ospedale e una Confraternita di religiosi, l’antico Ordine ospedalieri degli Antoniani: quqesto villaggio prese il nome di Saint-Antoine di Viennois.
Il papa accordò loro il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, motivo per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade e nessuno li toccava se portavano la campanella di riconoscimento.
Il loro grasso era utilizzato per curare l’ergotismo, in seguito chiamato anche “il male di S.Antonio“ oppure “fuoco di S.Antonio“ ed è per questo che nella religiosità popolare il maiale iniziò ad essere associato al grande eremita egiziano che fu poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla.
S.Antonio è anche il protettore di coloro che lavorano con il fuoco poichè guariva dal quello metaforico dell’herpes zoster.
La sua iconografia è raffigurata con un maialino con la campanella, ma anche con il bastone degli eremiti a forma di “T“ ed ancora oggi nel giorno della sua festa liturgica si benedicono le stalle e si portano a benedire gli animali domestici; in alcuni paesi di origine celtica S.Antonio assunse il ruolo della divinità della rinascita e della luce con il nome di LUG, garante di nuova vita al quale venivano consacrati cnghiali e maiali.
Una tradizione antica di millenni e viva ancora oggi è anche l’uso di accendere il 17 gennaio il cosiddetto “falò di S.Antonio“, dalla funzione purificatrice e che segnavano il passaggio all’inverno.
fonte: santiebeati.it
(MC)

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