Come vedono i cavalli: gli effetti sulle performance sportive

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Come vedono i cavalli: l'occhio di un cavallo grigio

Esploriamo il mondo attraverso gli occhi dei cavalli

Per la rubrica di veterinaria di HSJ affrontiamo un argomento molto curioso: come vedono i cavalli? Da millenni i cavalli vengono impiegati dall’uomo per i più disparati scopi, dallo sport al lavoro, dalla guerra al trasporto o, più di recente, semplicemente come animali da comapagnia. Comprendere come vedono i cavalli e il modo in cui questi animali percepiscono il mondo che li circonda, risulta essenziale per migliorare le loro condizioni di vita ed il loro benessere. Per questa ragione, negli anni sono stati eseguiti molti studi per valutare la capacità visiva dei cavalli e come questi siano in grado di percepire le distanze, i colori e gli oggetti.

Il campo visivo del cavallo

Ad oggi, la maggior parte delle persone sanno che il cavallo sia in grado di vedere ogni cosa che accade attorno a sè, tranne che per ciò che risulta essere direttamente dietro o davanti a lui, nella cosiddetta area cieca.
Questa idea trova le sue fondamentale nella capacità limitata di visione binoculare frontale dei cavalli che, infatti, è ristretta ad un arco di 65-80° per via del posizionamento degli occhi ai lati del cranio dell’animale.

Allo stesso tempo, però, sembra essere proprio questo stretto campo visivo a far sì che essi vedano meglio ad ampie distanze rispetto agli esseri umani e che, allo stesso tempo, riescano a mettere meno a fuoco oggetti molto vicini.
La posizione della testa e del collo sono fattori importanti che influenzano la capacità visiva del cavallo: i movimenti della testa laterali compensano l’area cieca, quelli sulla verticale, invece, permettono di mettere a fuoco con maggior dettaglio gli oggetti, soprattutto se a poca distanza.

Per questo motivo, l’uso di attrezzature o pratiche che limitano il movimento della testa hanno un impatto su come il cavallo percepisce visivamente il suo ambiente. Si consiglia dunque di consentire il libero movimento della testa e del collo per permettere al cavallo di vedere ed elaborare gli stimoli ambientali, fornendo così autonomia nel modo in cui il cavallo sceglie di rispondere ad essi.

Alcuni ricercatori dell’University of Western Australia, Alison M. Harman et al., in uno studio pubblicato sull’Equine Veterinary Journal, hanno dichiarato che quando ci si avvicina ad un ostacolo, infatti, sarebbe opportuno consentire al cavallo di muovere più liberamente testa e collo per ottimizzare la valutazione della profondità e della distanza, quindi influenzare lo stacco per far sì che venga effettuato al momento giusto.

Mettere a fuoco l’ambiente circostante

Si consideri che il fenomeno che permette di mettere a fuoco ciò che ci circonda è definito rifrazione oculare ed è il processo attraverso cui i raggi luminosi che colpiscono l’occhio a livello delle sue componenti più esterne e trasparenti, la cornea ed il cristallino, vengono poi focalizzati sulla retina creando un’immagine nitida, successivamente trasmessa al cervello.

Un soggetto con rifrazione normale viene detto emmetrope, mentre il difetto nella messa a fuoco di oggetti vicini o distanti è detto rispettivamente ipermetropia o miopia ed è dovuto ad un’incapacità dell’occhio di focalizzare le immagini in modo nitido sulla retina.
Sia nel cavallo che nell’uomo una messa a fuoco più precisa, indipendentemente dalla distanza, è il risultato di leggeri cambiamenti della forma del cristallino, dovuti al rilassamento e alla contrazione di un muscolo che è il corpo ciliare, da cui dipende un meccanismo noto come accomodamento, che serve a mantenere a fuoco oggetti a diverse distanze.

Data la tendenza a mettere meno a fuoco oggetti vicini, in precedenza, si pensava che ai cavalli mancasse la capacità di accomodamento, ma in realtà studi successivi hanno dimostrato che in questi animali ci sia una predisposizione all’ipermetropia.

Come vedono i cavalli di notte?

Contrariamente a quello che si possa pensare, inoltre, i cavalli vedono meglio di noi uomini in condizioni di scarsa luminosità: in natura infatti, a differenza di altri erbivori come mucche o pecore, questi animali rimangono attivi sia in condizioni di scarsa che di elevata luminosità, fatto confermato anche dall’abitudine di alimentarsi sia durante il giorno, che nella notte, con un particolare picco dopo l’alba e prima del tramonto.

Ricordando poi che, in natura, i cavalli sono animali predati, il loro stile di vita richiede necessariamente un sistema visivo sensibile anche a bassi livelli di luce, per consentire loro di percepire in modo tempestivo eventuali pericoli e di fuggire altrettanto rapidamente in qualsiasi momento.

Quanti colori vedono i cavalli?

Anche la percezione dei colori da parte dei cavalli è stata argomento di studi e dibattiti per molto tempo ed ha portato ad una serie di risultati tra loro contrastanti. Ciò nonostante, è assodato che la forma più comune di visione dei colori nei mammiferi, cavallo compreso, sia quella definita dicromatica, mentre negli uomini e nelle scimmie, si parla di tricromia.

Essenzialmente l’identificazione e la classificazione dei colori dipende dallo spettro di lunghezze d’onda che le cellule della retina che si occupano della fotosensibilità sono in grado di percepire.
Una visione tricromatica prevede quindi la capacità di percepire 11 colori (rosso, arancione, giallo, verde, blu, viola, nero, bianco, marrone, grigio e rosa) con le loro sfumature, per un totale di circa 1 milioni di colori diversi.

Sono stati necessari degli studi comportamentali sugli equini per riuscire a definire quali colori potessero essere distinti.
Dopo una prima serie di risultati contrastanti, però, diverse ricerche hanno mostrato che i cavalli siano in grado di distinguere più facilmente l’arancione, il giallo e il blu dal grigio, mentre che abbiano maggiori difficoltà nel discernere il rosso.
Inoltre, sembrerebbe che l’acuità visiva varii in base al colore dello stimolo reale a cui l’animale viene sottoposto: ricerche recenti hanno infatti studiato la correlazione tra lo sforzo del salto ed il colore degli ostacoli, mostrando che ostacoli di colore giallo fluorescente fossero percepiti maggiormente rispetto ad ostacoli blu e che ne risultasse uno sforzo maggiore.

L’attenzione ai colori nell’ambiente del cavallo, in particolare quando gli si chiede di affrontare ostacoli colorati, non solo può consentire un migliore discernimento degli stessi, ma può anche avere un impatto sulla sicurezza del cavaliere.
In ultimo, se la visione tricromatica offre una maggior discriminazione degli oggetti, i cavalli, in quanto dotati di visione dicromatica, compensano questo limite con una elevata abilità nel distinguere le caratteristiche delle diverse superfici.

Sebbene le informazioni relative alle capacità e ai limiti della visione equina siano in aumento, il quadro generale è ancora lontano dall’essere completo. Sono stati fatti utili confronti con la capacità visiva umana per valutare quella del cavallo, ma si sa poco di altre caratteristiche che non sono una parte importante dell’esperienza visiva umana.

Il cavallo, inoltre, può rispondere a stimoli visivi che l’occhio umano non riesce nemmeno a percepire, il che suggeririsce che alcune capacità visive del cavallo, potrebbero essere superiori alle nostre.
Data l’importanza e la richiesta di accuratezza e precisione dell’equitazione contemporanea, c’è anche una mancanza di informazioni riguardanti le diversità individuali dei diversi esemplari e come queste possano influenzare la performance sportiva di ogni singolo cavallo.
Lo sviluppo di metodi più completi che siano in grado di comprendere completamente come vedono i cavalli, aiuterebbe  anche nell’ottimizzazione delle prestazioni del cavallo-atleta nelle varie discipline.

A. Ceserani

Photo HSJ ©

Fonti: “What Horses and Humans See: A Comparative Review” © 2009 Jack Murphy et al.; “Horse vision and an explanation for the visual behaviour originally explained by the ramp retina‘ “ © 2010 Alison M. Harman et al.

© Riproduzione riservata.

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