Equitazione: sport, arte e scienza sperimentale.

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capire l'equitazione foto Mari Hongisto

Dalla tradizione empirica dell’equitazione , alla ricerca di un metodo ragionato per comprendere e far progredire l’arte equestre.

L’equitazione è spesso percepita solo come disciplina sportiva, praticata a livello ricreativo o competitivo. Richiede infatti impegno fisico, allenamento e una costante dedizione, al pari di qualsiasi altra attività atletica. Tuttavia, ridurla unicamente alla dimensione sportiva significa trascurarne la complessità e la ricchezza culturale. L’equitazione è anche un’arte e, in una certa misura, una scienza.

L’arte equestre

Nel senso più pieno del termine, l’equitazione è un’arte: un insieme di conoscenze, procedure, regole e sensibilità che consentono di “fare bene qualcosa”. Si parla di arte equestre come si parla di arte militare o di arte medica: non basta il gesto tecnico, occorre l’armonia, l’interpretazione, la capacità di comprendere il cavallo e instaurare con lui una relazione di comunicazione sottile.
Il talento di alcuni grandi cavalieri ne è la dimostrazione: esecutori capaci di trasformare l’equitazione in espressione estetica e in una disciplina fondata sull’equilibrio, la grazia e la precisione.

L’equitazione come scienza sperimentale

Ma l’equitazione può essere considerata anche una scienza sperimentale, almeno a determinate condizioni. Come nelle altre scienze, il suo oggetto di studio – il cavallo e la relazione uomo-animale – deve essere sottoposto all’esperienza diretta, all’osservazione e all’analisi critica. Un metodo è scientifico se, attraverso la pratica, conduce a formulare ipotesi, verificarle e trarre conclusioni. Diversamente, resta un insieme di pratiche empiriche.

La medicina, ad esempio, è rimasta a lungo fondata sull’empirismo: fino al XVIII secolo, prima delle grandi scoperte scientifiche, era spesso incerta e rudimentale. Anche l’equitazione, fino al XIX secolo e in buona parte oltre, ha mantenuto caratteri prevalentemente empirici. Troppo spesso basata sull’istinto o sull’imitazione, ha faticato a evolversi in maniera organica e condivisa. Solo pochi scudieri e Maestri hanno cercato di promuovere un’equitazione ragionata, sistematica, fondata sull’osservazione e sulla trasmissione rigorosa del sapere. Non sempre, tuttavia, i loro sforzi hanno trovato seguito.

Maestri e falsi maestri

La storia dell’equitazione è segnata da un contrasto evidente: da un lato, grandi interpreti dotati di talento e capacità eccezionali; dall’altro, una moltitudine di “falsi maestri”, che hanno alimentato pratiche prive di metodo, trasmettendo conoscenze frammentarie o approssimative. Pochi sono stati i veri Maestri, coloro che hanno saputo non solo eccellere personalmente, ma anche far progredire l’arte e formare allievi in grado di eguagliarli e superarli.

Il ruolo dei libri e della trasmissione del sapere

Se è vero che la scienza sperimentale dell’equitazione non si può imparare soltanto dai libri, questi ultimi hanno comunque un ruolo importante. Possono stimolare l’osservazione, proporre temi di studio e fornire strumenti di riflessione che, uniti alla pratica diretta, favoriscono una crescita più consapevole.

In questo equilibrio fra pratica, riflessione, trasmissione orale e studio teorico si gioca la possibilità che l’equitazione evolva da disciplina istintiva ed empirica a sapere scientifico e artistico pienamente riconosciuto.

L’equitazione, dunque, non può essere ridotta a un’unica definizione. È sport, perché richiede impegno fisico e disciplina; è arte, perché vive di sensibilità, armonia ed espressione estetica; è scienza sperimentale, perché si fonda sull’osservazione, sull’esperienza e sulla capacità di trarre principi da verificare e trasmettere.

La sua storia dimostra quanto sia difficile trasformare una pratica istintiva in un sapere ragionato, e quanto sia raro il ruolo dei veri Maestri, capaci non solo di eccellere individualmente ma anche di lasciare un’eredità viva. Oggi più che mai, tra tradizione e innovazione, l’equitazione ha bisogno di questa doppia forza: la passione del cavaliere e il rigore del ricercatore. Solo così potrà continuare a crescere, rimanendo un ponte fra sport, arte e scienza.

fonti: “Capire l’equitazione” Paolo Angioni

foto Mari Hongisto

© Riproduzione riservata.

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