
Madre e figlia unite dal volteggio: la storia di Matilde Resente e della mamma Sara Belletti

C’è un legame profondo che unisce Matilde Resente, giovane promessa del volteggio equestre, e sua madre Sara Belletti, ex atleta e oggi tecnico federale. Non è solo una storia di sport, ma un racconto di crescita, fiducia e amore, costruito passo dopo passo dentro e fuori dal campo gara. In occasione della Coppa delle Regioni, tenutasi presso le Scuderie San Giorgio, le due protagoniste ci hanno aperto le porte del loro mondo. Un mondo fatto di cavalli, emozioni e piccole grandi sfide quotidiane, vissute fianco a fianco.
“Sono Sara Belletti, mamma di Matilde Resente e tecnico di volteggio. Siamo alla Coppa delle Regioni. Matilde gareggia per il primo anno nella categoria Junior 2*. Seguo lei e anche gli altri atleti della scuderia che alleno, e sono un’orgogliosissima mamma.”
La voce di Matilde: “Sto cercando di dare il massimo”
Il volto di Matilde Resente, 14 anni appena compiuti, brilla di entusiasmo e consapevolezza. Nonostante la giovane età, la sua determinazione è evidente, così come il profondo rispetto per i cavalli e per la disciplina.
“È il mio primo anno nella categoria Junior individuale, mi trovo molto bene nella scuderia e sono davvero contenta di come stanno andando le gare. Sto cercando di dare il massimo di me stessa per raggiungere i miei obiettivi.”
In poche parole si percepisce quanto Matilde stia crescendo non solo come atleta, ma come persona. E dietro questa maturità c’è anche la scelta consapevole della madre di affiancare, ma non invadere.
Il delicato equilibrio tra mamma e coach
Nel volteggio, come in qualsiasi altro sport equestre (e non solo), riuscire a coniugare il ruolo di madre con quello di tecnico può essere una sfida. Sara, con la sua esperienza, ha trovato un equilibrio sottile ma prezioso, fatto anche di fiducia negli altri professionisti.
“Matilde è completamente affidata a Nelson Vidoni e Anna Cavallaro, sia dal punto di vista tecnico che emotivo. A volte sono loro a gestire anche me,” scherza. “Non sarei lucida nel ruolo di longeur: non saprei sgridarla al momento giusto, né lodarla nel modo più utile. Per questo ho scelto di affidarmi a chi può seguirla al meglio.”
Un passaggio fondamentale che ha segnato l’evoluzione sportiva di Matilde e rafforzato, paradossalmente, anche il loro rapporto madre-figlia.
Dall’agonismo al rispetto per il cavallo: un percorso di consapevolezza
Il volteggio non è solo spettacolarità e armonia: dietro ogni esercizio, c’è un allenamento meticoloso, un grande lavoro psicofisico e, soprattutto, una relazione intima con il cavallo. Sara conosce bene questo aspetto, essendo stata a sua volta volteggiatrice di livello internazionale.
“Il volteggio è uno sport equestre a tutto tondo. Si lavora a terra, si lavora in sella, si costruisce fiducia con il cavallo ogni giorno. Il rispetto viene prima di tutto: rispetto per i suoi bisogni, per le sue paure, per la sua sensibilità.”
Per questo Matilde ha avuto fin da piccola la possibilità di crescere a contatto con i cavalli, non solo in gara, ma anche nella quotidianità della scuderia, imparando a prendersene cura, a condurli, a capire i loro segnali.
Red e Robin: cavalli-maestri nella crescita di un’atleta
Ogni volteggiatore ricorda con affetto il proprio cavallo del cuore. Per Matilde, sono due: Robin, con cui ha mosso i primi passi nell’agonismo, e Red, il cavallo che ha segnato la svolta.
“Il passaggio da Robin a Red è stato bellissimo. Ricordo quando Nelson le ha detto: ‘Dalla prossima gara sali su Red’. Lei l’ha guardato con due occhioni enormi, come a dire ‘e Robin?’. Ma Red si è rivelato di una bontà infinita, proprio come i cavalli con cui è cresciuta a casa.”
Ogni animale ha avuto un ruolo nella sua crescita, non solo come atleta, ma anche come persona: l’hanno aiutata a sviluppare disciplina, ascolto e responsabilità.
Un rapporto autentico, tra alti, bassi e grandi risate
Sara e Matilde non nascondono le difficoltà. Litigano, si riappacificano, si confrontano. Ma la base del loro rapporto resta una: il sostegno reciproco e l’orgoglio.
“Abbiamo un rapporto madre-figlia normale: litighiamo, facciamo la pace, ci divertiamo tanto. Oggi, ad esempio, mi ha detto che mi avrebbe fatto il ‘libero per la festa della mamma’. E l’ha fatto davvero, con grande eleganza.”
Sara non smette di riconoscere i meriti della figlia: non solo per ciò che fa in campo, ma per come si comporta con gli altri, per l’esempio che dà ai più piccoli, per il modo in cui gestisce scuola, sport e vita sociale con equilibrio e maturità.
La forza dell’emozione e la leggerezza della bambina di ieri
C’è una frase che Sara dice sempre a sua figlia, una frase che emoziona e che racchiude il senso più profondo di tutto il loro percorso.
“Lei prima di essere una ninja era un leoncino. Diceva Nelson che era “sfacciata”, in senso positivo: entrava in campo per divertirsi. E io le dico sempre che voglio vedere quella bambina lì anche a 35 anni. Il giorno in cui non la vedrò più, ci fermeremo un attimo a respirare.”
Il divertimento viene prima di tutto. È il motore che alimenta la passione, la spinta che rende ogni sforzo leggero, ogni sacrificio più sopportabile.
Il lavoro invisibile: tra cavallo meccanico, preparazione fisica e gestione mentale
Oltre alle ore in campo e alle gare, c’è un lavoro meno visibile ma fondamentale. Lavoro sul cavallo meccanico, esercizi di ginnastica, allenamento a terra, preparazione mentale.
“Il tecnico deve trovare l’equilibrio tra le potenzialità del ragazzo e le sue capacità fisiche reali, in quel momento specifico. E anche il cavallo ha la sua emotività, la sua testa. Non è semplice.”
In questo continuo equilibrio tra fisico, tecnica e psiche, il ruolo dell’allenatore si trasforma quasi in quello di un regista, che deve armonizzare ogni parte senza mai perdere di vista il cuore dell’atleta.
Un’eredità sportiva e un futuro da costruire insieme
Sara conosce il valore del percorso che sua figlia sta intraprendendo. Lei stessa ha fatto parte della prima squadra italiana di volteggio, quella del 1995, e ha rappresentato l’Italia ai WEG del 1998.
“Ho iniziato quasi per caso, poi mi sono ritrovata nella prima nazionale italiana junior. Dopo l’agonismo, ho scelto di restare in questo mondo come tecnico. E oggi, condividere questa passione con mia figlia è un’emozione che non ha prezzo.”
Guardando Matilde, Sara ritrova quella bambina che era lei. Ma sa che ogni atleta ha la propria storia, e che il ruolo più bello – e più difficile – di un genitore-allenatore è saper lasciare spazio, guidare senza imporsi, accompagnare con discrezione.
Matilde Resente è l’esempio vivente di come sport, famiglia e passione possano fondersi per creare un percorso unico, fatto di sacrifici, sorrisi e grandi traguardi da conquistare. E accanto a lei, c’è sempre Sara, mamma, guida e custode silenziosa di ogni passo in avanti.
A.Ceserani
HSJ x FISE
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