La Nomenclatura della Mascalcia

La lingua italiana consente a determinati settori di acquisire dei vocaboli che sono spesso conosciuti solo nello specifico ambito in cui operano. Degli esempi li possiamo avere sia nel “gergo medico”, in quello “burocratese” e nell’ambito sportivo, basti pensare al pugilato.
Il gergo equestre si compone di una grande quantità di termini conosciuti solo nell’ambiente degli addetti ai lavori ed il più delle volte non sono neanche menzionati nel vocabolario della lingua italiana. Sarà veramente difficile trovare in un dizionario parole come fiande (escrementi del cavallo), riunione (concetto di cavallo riunito del dressage) con il significato attribuito nel mondo equestre. In più molto spesso capita che alcuni termini vanno anche persi con il tempo oppure che non sono conosciuti dai normali appassionati, ma solo dagli addetti del settore dell’allevamento, dell’addestramento o della mascalcia.
In questo caso si vuole attirare l’attenzione del lettore appunto a termini di nicchia che sono conosciuti e spesso ripetuti solo in ambienti dediti alla formazione professionale come la Scuola di Mascalcia dell’Esercito a Grosseto, il Centro di Coordinamento per i servizi di Polizia a cavallo a Ladispoli (RM) e dai docenti dei corsi per maniscalchi.
In primis è giusto ricordare che la ferratura si divide in f. ordinaria che si effettua di norma ogni 30-40 gg., in ferratura correttiva che si impiega in cavalli con difetti di appiombo e non serve per “correggere” i suddetti difetti, ma bensì per ovviare ai problemi che tali difetti possono creare. Infine si ha la ferratura terapeutica che è adottata in caso di patologie specifiche come la navicolite o la laminite, ecc…
Un’altra differenza l’ha abbiamo tra:
La ferratura a caldo, che consente al maniscalco di sovrapporre il ferro ancora rovente all’orlo plantare e quindi permettere di poterlo far combaciare al meglio, eliminando ogni irregolarità eventualmente dovuta al pareggio. Questo tipo di ferratura ha anche come vantaggio l’evitare per tempo l’insorgenza del tarlo (onicomicosi dell’unghia), però non è ben tollerata da alcuni cavalli che hanno l’unghia debole e sottile;
La ferratura a freddo è la più praticata, anche grazie l’avvento di ferri prefabbricati. L’inconveniente di questo tipo di ferratura è che il maniscalco deve avere una buona professionalità nel pareggiare al meglio l’unghia, cosa che nella ferratura a caldo viene praticamente fatta dal ferro rovente.
Normalmente si usa dividere lo zoccolo in muraglia, fettone o forchetta e suola. Mentre per poter intuire in modo lapalissiano su quale parte precisa dello zoccolo si deve intervenire per risolvere il problema delle ferite agli stinchi in cavalli “mancini o cagnoli” l’orlo plantare dello zoccolo è stato diviso dal Brambilla in quattro parti:
– punta, che corrisponde a un tredicesimo dell’orlo plantare, situato in posizione anteriore centrale;
– mammelle, situate lateralmente alla punta e corrispondono ciascuna ad un tredicesimo;
– quarti, situate lateralmente dopo le mammelle e corrispondono a tre tredicesimi ciascuno;
– talloni, che si trovano dopo i quarti ed equivalgono a un tredicesimo da entrambi i lati.
Nella suddivisione del Brambilla, per completare i restanti due tredicesimi, abbiamo i due rami del fettone, che praticamente vanno a costituire l’unità di misura dei tredicesimi.
Il ferro con i suoi due bracci ha la stessa nomenclatura data all’orlo plantare (punta, mammelle, quarti e talloni), la parte del ferro dove poggia l’orlo plantare si chiama sedile e la sua ampiezza si chiama “binda”, che è la distanza fra l’orlo interno e quello esterno del ferro. Per esempio, si noterà che i cavalli trottatori saranno ferrati con dei ferri con una binda poco ampia a differenza dei cavalli da tiro che avranno un’ampiezza molto maggiore.
I fori fatti sulla faccia inferiore (quella che toccherà il terreno) del ferro per ospitare la “testa” dei chiodi, si chiamano stampe. Le stampe a seconda delle varie esigenze di podologia, potranno essere vicine all’orlo esterno del ferro, in tal caso denominate “stampe a magro”, mentre se sono lontane dall’orlo esterno si chiameranno “stampe a grasso”. Nel ferro tipico italiano, in genere le stampe sono “a grasso” sulla branca esterna e “a magro” sulla branca interna, ma ormai tali “piccolezze” non sono più presenti a causa dei ferri pre-fabbricati.
Per completezza è giusto dire che le “controstampe” sono i fori della faccia superiore del ferro (la parte a contatto con l’orlo plantare.
Ecco altre parti eventuali del ferro:
le barbette, che sono dei prolungamenti a forma triangolare. In genere, vi è una barbetta centrale agli anteriori e due barbette laterali ai posteriori, anche se questa non è una regola sempre rispettata, in quanto per ferrature correttive e terapeutiche vi potranno essere delle variazioni;i ramponi sono dei prolungamenti, rivolti vero il basso, all’estremità dei talloni dei ferri posteriori. Può essere presente il rampone anche sul ferro anteriore, in genere solo sull’orlo esterno, in questi casi solitamente sono dei ramponi “a vite”, quindi svitabili quando non servono;
le “grippe”, invece sono dei ramponi, molto più affusolati, presenti non solo sui talloni, ma anche in punta. Sono impiegati nei ferri da impiegare in caso di ghiaccio o neve;
Le puntine di “vidiam” vengono affisse, in genere in punta, per evitare di scivolare su tratti asfaltati o caratterizzati da lastre di pietra (chianghe);
la pancetta, oggi poco conosciuta, sta ad indicare la parte anteriore del ferro che è sensibilmente rialzata ed è tipica delle ferrature da mulo. Va anche precisato che il ferro da mulo si differenzia da quello del cavallo in quanto e meno tondeggiante e particolarmente stretto ai lati.
Per ultimo ricordiamo il chiodo da mascalcia che si divide in testa, collo, lama e punta. Se si osserva la “punta” del chiodo si potrà notare che al fine di favorire la fuoriuscita dalla muraglia ha una forma appiattita da un lato e leggermente obliqua nella parte che andrà rivolta verso il centro dello zoccolo.