Paul Gauguin: il cavallo come simbolo di libertà nella Valle incantata di Tahiti

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Il cavallo bianco Gaugin

Paul Gauguin è considerato uno dei più grandi autori di fine ‘800, le sue opere non appartennero mai ad un unico stile, da sempre la sua arte risultò eclettica, spaziando dell’Impressionismo, al Simbolismo fino ad arrivare all’Espressionismo.
“Il cavallo bianco“, ora esposto al Musée d’Orsay a Parigi, risale al 1898 ed è uno degli ultimi celebri capolavori del pittore francese.
L’opera gli era stata commissionata da un Farmacista che, però, lo rifiutò in quanto ritenesse che il cavallo raffigurato nell’opera fosse “troppo verde“, senza comprendere mai che la scelta dell’utilizzo di tutti quei colori, dai toni dell’erba fino al verde smeraldo, era proprio volta ad esaltare il bianco dell’animale, come simbolo di purezza.
A Tahiti il cavallo è considerato un animale sacro, il simbolo del passaggio dell’animo umano dal mondo di tutti i giorni all’aldilà, qualsiasi essa comporti, mentre il bianco è ritenuto il colore del culto divino.
Il dipinto qui rappresentato era stato realizzato dall’artista durante il suo secondo soggiorno a Tahiti e raffigura un possente cavallo bianco mentre si abbevera ad un ruscello che si estende in verticale nel centro della tela.
Due sagome nude cavalcano a pelo sullo sfondo, mentre un albero tipico del luogo arricchisce la scena con fiori di diverso genere, tagliando fuori dall’immagine il cielo e l’orizzonte.
Ragazze prive di veli, nude, animali liberi e selvaggi sono il cuore di un paesaggio quasi paradisiaco, idialliaco: non si capisce se abbia voluto rappresentare l’Eden stesso o un’anticipazione dell’Aldilà, ma si percepisce un candore reso ancor più gradevole dalla presenza di figure di cavalli “gentili e delicati“.
A questa scena onirica si contrappone il realismo del gesto del cavallo in primo piano che, dopo essersi dissetato, si strofina il muso su una gamba: questo fa comprendere che l’artista dovesse aver osservato con molta cura ed attenzione quegli animali per cercare di comprenderne il linguaggio non verbale per riuscire poi a rappresentarli sulle sue tele.
I cavalli erano creature meravigliose, secondo Gauguin, un tutt’uno con la natura, tanto da essere guidati da donne nude, senza la necessità di stivali, speroni o cap e senza l’impiego di selle, testiere o altri finimenti.
Chi non avrebbe voluto vivere in un paesaggio paradisiaco come questo? In un Valle Incantata abitata da meravigliose fanciulle, in cui l’uomo è in diretto contatto e quasi si fonde con la natura e gli animali.
La libertà del cavallo non sellato, in un mondo privo di recizioni ha un che di magico, un sogno meraviglioso che si vuole contrapporre a quella realtà Parigina che al pittore è sempre stata stretta e a cui ha cercato in tutti i modi di sottrarsi durante il corso della sua intera esistenza.
Paul Gauguin nacque infatti a Parigi, nel 1848.
Viaggio ed avventura facevano da padrone nella vita dell’artista che, fin dalla tenera età, si allontanò dal suo Paese di origine per raggiungere il Perù, in Sud America, dove il padre morì e il bambino rimase fino all’età di 17 anni.
Fu in quel periodo che Gauguin decise di imbarcarsi e prendere la via del mare, per raggiugere il Brasile.
Successivamente scelse di tornare a Parigi dove si sposò e iniziò a dedicarsi alla pittura, ma dal 1883, l’anno del crollo della borsa di Parigi, il pittore cadde in una profonda crisi economica e da qui la vita dell’artista fu un susseguirsi di viaggi alla ricerca di una fortuna che non trovò mai: andò da Panama a Martinica, fino alla Provenza, dove conobbe Van Gogh.
I due non andarono mai d’accordo ed i loro dissapori portavano spesso a veri e propri litigi (famoso è il momento in cui Vincent, in un attacco d’ira durante una lite furente con Gauguin, arrivò a tagliarsi addirittura parte di un orecchio).
Deciso che la società industriale e materialista Francese non fosse all’altezza della sua arte, il pittore decise di partire per Tahiti (1891) alla ricerca di un romantico paradiso tropicale. Fu qui che l’artista realizzò le sue opere più celebri.
Sommerso di debiti e senza denaro fu costretto a ritornare in Francia nel 1893, dove rimase per un breve periodo, per poi tornare alla sua adorata Isola nel 1895.
Infine, dopo aver prodotto un’immensa quantità di dipinti volle ritrovare un nuovo ambiente esotico, più stimolante, si imbarcò quindi per un’Isola dell’Oceano Pacifico, Hiva Oa, dove vi rimase fino alla morte (1903).

Alessandra Ceserani
HSJ
fonte: “Il cavallo nell’arte“ di Rachel Barnes e Simon Barnes

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