Zoppia: come approcciarsi

Si è detto che ogni zoppia rappresenta un caso a sé. Si possono però dare delle linee guida generali per un corretto approccio.
1) Cercare di capire la tipologia di zoppia
2) Il cavallo deve essere controllato “a freddo“, vale a dire prima di lavorare, e non dopo un riposo della durata di diversi giorni: tutto ciò per non alterare i sintomi della zoppia. 3) Il cavallo va osservato prima nel suo box, per evidenziare eventuali atteggiamenti specifici di malattie o lesioni 4) Il cavallo si posiziona su terreno duro e pari, con gli arti il più possibile paralleli
Ciò permette una prima visione generale, seguita da un approfondimento dei difetti di conformazione e di appiombo e delle eventuali tare congenite o acquisite. 1) Sempre a riposo si controlla la presenza di calore, che con il movimento può diminuire fino a scomparire
2) Si eseguono sugli arti delle manualità che possono esasperare il dolore 3) Si osserva il cavallo al passo e al trotto prima in dirittura, poi in circolo su terreno duro e soffice per aumentare le pressioni e i carichi
A volte la gravità dei sintomi facilita l’individuazione dell’arto e della sede. Talora la facilità dell’individuazione dell’arto non corrisponde alla facilità nella localizzazione della sede della malattia. In altre occasioni l’individuazione e la localizzazione sono entrambe difficili da accertare.
A riposo, coricato o in stazione il cavallo può assumere atteggiamenti che possono sconfinare in vizi e divenire causa di lesioni o zoppie:
a) Cavallo che si corica a vacca: il cavallo coricato non tieni gli arti anteriori estesi, bensì sotto il torace, comprimendo con i piedi lo sterno e i gomiti. A causa della compressione si forma un igroma del gomito che può essere molle, duro o esulcerato, che prende il nome di lupia. Per ovviare a questo inconveniente può essere utile una ferratura molto corta ai talloni o l’applicazione sul pastorale di una ciambella protettiva.
b) Cavallo che si appoggia alla parete del box con il treno posteriore: questo atteggiamento può derivare dal prurito all’ano e alla coda provocato da parassiti, ma spesso è un vizio. L’area coinvolta è la punta del garretto con formazione di un cappelletto molle o duro.
Cavallo che picchia sulla parete del box con gli anteriori: si possono avere lesioni a carico della faccia anteriore del nodello e del carpo, con formazione di versamenti.
In entrambi i casi i paragarretti e i paraglomi sono sconsigliati perchè a lungo andare sono fonte di piaghe e di ferite, è utile applicare dei pali ad una certa distanza dalla parete del box all’altezza della coscia del cavallo per impedirne l’appoggio.
c) Cavallo che raspa: si ha usura della punta del ferro con possibili traumi del piede; è frequente al momento della somministrazione del cibo, si può ovviare con una distribuzione del cibo più frequente.
d) Cavallo che calcia e si sferra: questo atteggiamento può provocare danni agli arti. Per evitare che il cavallo si sferri gli anteriori avranno ferri corti di talloni e saranno protetti da campanelle, e i posteriori avranno ferri squadrati in punta.
e) Cavallo con il ballo dell’orso: si ha un maggiore dispendio di energie per la continua ondulazione del treno anteriore; è consigliabile lasciare il cavallo al paddok: questa situazione creerà serenità ed equilibrio mentale.
f) Cavallo con il ticchio d’appoggio: si ha aerofagia, meteorismo e possibili coliche gassose; diversi sono i sistemi per affrontare il problema: l’atto operatorio, un apparecchio metallico che si applica estrnamente alla laringe chiamato volgarmente strangolino, che dovrebbe impedire l’aerofagia, l’eliminazione dei punti d’appoggio e l’appliazione di liquidi repellenti dove avviene il contatto con la bocca del cavallo.