IPPICA. Dunque, dove eravamo rimasti?

La storica frase del mai dimenticato presentatore televisivo  Enzo Tortora per riprendere su questo sito il quotidiano contatto con tutti gli amici dell’ippica. Cosa non ci siamo raccontati in questo ultimo periodo, eventi sportivi a parte? Poca roba. Anzi per dirla tutta nulla di cui compiacersi è avvenuto. L’U.N.I.R.E. sta sempre lì con i suoi numeri ballerini di dipendenti, c’è un Ministro che è indaffarato in cose ben più importanti che darsi all’ippica, un volto nuovo ad occupare la maxi poltrona di via Cristoforo Colombo e un aiuto parlamentare al cavallo che appare e scompare dalla manovra finanziaria. Insomma il baillame più completo continua a regnare nell’ippica italiana  con allevatori, proprietari, allenatori, guidatori ed artieri a sperare di non dover chiudere bottega o trasferirsi nella vicina Francia dove le cose ancora oggi funzionano benino. E gli spettatori negli ippodromi? languono. E gli scommettitori? sempre pochi e sempre gli stessi che in cerca della “mandrakata“ lasciano alle casse delle agenzie gli spiccioli giocati e persi. C’è chi si augura la classica svolta ma attende il “cestino“ calato dal cielo e chi si limita a scrivere alla befana o a babbo natale per uscire dalla profonda crisi. Eppure ai politici che si ostinano a storcere il naso al solo sentire degli aiuti chiesti dall’ippica sarebbe sufficiente rivolgere l’invito di andare a visionare lo splendido servizio trasmesso recentemente sull’argomento-crisi dal programma televisivo della Gabanelli. In quella puntata di “Report“ furono messe in evidenza colpe e indicate precise responsabilità con tanto di nomi e cognomi. Ma chi di dovere questo lo sa bene e quell’inchiesta non ha nemmeno la necessità di andare a visionarla. Però fa comodo mostrare di cadere dalle nuvole e scandalizzarsi per le cifre che occorrono oggi per risollevare l’ippica dal baratro.  Sembra di assistere, ormai da tempo, ad una delle più classiche sceneggiate napoletane, Peccato però che si stia continuando a giocare sulla pelle di migliaia di famiglie. (Bruno Delgado)